CSML’intervento di Luigi Benevelli a Campagna salute mentale, Dov’è finita la salute mentale? Milano, 3 luglio 2015

Noi siamo questa mattina testimoni e partecipi dello sforzo e del lavoro di molte persone sofferenti e a rischio di marginalità, famiglie, operatori, cittadini volontari, amministratori locali che ogni giorno si misurano con la difficoltà a fare salute mentale e che per lo più in silenzio sono protagonisti di una rivoluzione silenziosa che, come ha scritto Giorgio Cosmacini,  ha scavato in profondità, cambiato gli atteggiamenti circa la propria salute, il rapporto medico-paziente, la pratica del consenso informato.

Non è possibile parlare di salute mentale in Italia, senza riferirsi al lavoro che ha portato alla chiusura dei manicomi pubblici e a ripensare il disturbo mentale seguendo percorsi di inclusione sociale rispettosi della dignità e dei diritti della persona, rompendo con  la psichiatria custodialistica: la malattia appartiene alla vita, alla biografia delle persone, non è riducibile a un problema biologico, psicologico e sociale; e ancora la malattia dei singoli è spia di una più generale condizione di sofferenza nella popolazione. Nella causalità dei disturbi mentali giocano un ruolo decisivo numerosi fattori protettivi e di rischio che interagiscono a più livelli; labile è il confine fra biologico e psico-sociale; tra livello neurobiologico e manifestazioni cliniche vi è una relazione probabilistica e complessa, non diretta, come ha detto Mario Maj, già presidente della World psychiatric association parlando di un fallimento del progetto neo-kraepeliniano (Dsm IV) basato su causalità semplici e lineari. Per questo  hanno fondamento scientifico servizi di salute mentale orientati alla speranza, attenti al valore delle persone e al loro potenziale emancipativo.

Ma nel tempo, e in particolare negli ultimi 20 anni la capacità e la qualità operative dei Dsm italiani sono andate decadendo, come denunciato nella Relazione finale della COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULL’EFFICACIA E L’EFFICIENZA DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE.(febbraio 2013).

Quanto alla Regione Lombardia, lo stato dei servizi di salute mentale di oggi si può così riassumere:

–      il lavoro di molti servizi si basa sul contenimento sintomatologico,la riduzione del danno e la gestione del deficit, seguendo protocolli, in modo aziendalistico e burocratizzato.

–      Sul piano della riabilitazione, il lavoro e la qualità dell’occupazione puntano a quello che Benedetto Saraceno ha chiamato l’“intrattenimento” degli “improduttivi”, con  meccanismi di sussidi, borse lavoro,stage, tirocinii protetti senza, spesso, alcuna contrattualità sociale e salariale e senza tutele per i lavoratori  “svantaggiati”, con l’uso di sistemi di “premio-punizione”, per cui se l’utente si comporta bene potrà avere una chance di continuare il suo percorso protetto, se avrà una crisi o si comporterà male, perderà ogni possibilità di accesso futuro al lavoro e rientrerà nel circuito psichiatrico, legittimando il revolving door nei servizi. La riabilitazione attraverso il lavoro è nelle mani dei Dipartimenti di salute mentale, spesso nella forma di “convenzione monopolistica” con cooperative sociali e finisce col tenere sotto controllo i percorsi di vita e di “malattia”degli utenti

–      A livello di riappropriazione di alcune competenze elementari, specie in  Centri Diurni, sono in uso attività non pensate assieme agli utenti, imposte a livello istituzionale da programmi rigidamente formalizzati; oppure con la riproposizione di “pacchetti di attività quotidiane” finalizzati alla riproduzione istituzionale.

–      Le crisi  tendono ad essere affrontate  attraverso il contenimento spesso fisico (legare i pazienti), il più delle volte farmacologico.

–         La prevenzione primaria è andata declinandosi quasi esclusivamente come “individuazione precoce del disturbo”, piuttosto che come un’azione per affrontare i problemi e le contraddizioni che la sofferenza mentale porta con sé,  in analogia con l’enfasi che il modello medico mette sulla diagnosi precoce.

Per queste  ragioni  riteniamo da tempo che si debba  contrastare la deriva di un tale assistenzialismo passivizzante, paternalistico che crea dipendenze dal servizio negli utenti, rafforza posizioni di ricattabilità istituzionale, favorisce lo stigma.

E qui è fondamentale la formazione degli operatori: come si insegna la “salute mentale” oggi nei corsi che laureano e specializzano medici, psicologi, infermieri ed educatori professionali? Sono saperi adeguati a dotare il futuro professionista di strumenti e sensibilità utili a operare nella realtà dei conflitti che il paziente mostrerà nella sua sofferenza ?

Nei programmi di insegnamento delle NEUROSCIENZE E SCIENZE CLINICHE DEL COMPORTAMENTO (le specializzazioni classe 46/S e 58/S (psicologia) non è contenuta quasi mai la locuzione salute mentale e, se non del tutto assente, è comunque scarsa la trasmissione di informazioni e saperi circa la de-istituzionalizzazione dei trattamenti nell’assistenza psichiatrica pubblica; la lotta allo stigma: l’assetto e l’organizzazione dei servizi di salute mentale dopo la legislazione del 1978, i p.o. nazionali 1994-96 e 1998-2000, con le relative leggi regionali, diverse da Regione a Regione; i Dsm nelle Aziende sanitarie; il lavoro in un gruppo multi professionale per la presa in carico del cittadino con disturbo mentale; budget di salute; l’integrazione socio-sanitaria; psichiatria culturale e salute mentale nelle popolazioni di migranti; le finalità del lavoro del Dsm rispetto alle questioni della bioetica (v. documenti Conferenza Stato Regioni 2008, Comitato nazionale per la bioetica (1999 e 2015); i compiti dei Dsm nell’assistenza sanitaria nelle carceri e per quali REMS.

Per tale insieme di ragioni avevamo accolto con grande interesse alla fine del 2014 le proposte della Giunta Maroni, due documenti licenziati dalla Giunta regionale: il disegno di legge Evoluzione del sistema socio-sanitario lombardo e la delibera n° X/2989 del 23.12.2014 Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio sanitario regionale per l’esercizio 2015. Ai Dipartimenti di salute mentale era dedicato l’articolo 25 Norme in materia di Tutela della Salute Mentale da cui riprendo le affermazioni circa l’orientamento dei servizi alla “guarigione”, al massimo accrescimento delle potenzialità della persona; il passaggio dalla “cura” al “prendersi cura”;  lo sviluppo di una presa in carico integrata, sanitaria e sociale, della persona e della famiglia, capace di operare nelle reti sociali comunitarie in modo multidisciplinare, di garantire l’esercizio dei diritti, la continuità di cura, la valorizzazione del sapere esperienziale degli utenti. Obiettivi prioritari di salute dichiarati erano la prevenzione primaria e secondaria dei disturbi mentali, il collegamento dipartimentale interdisciplinare delle unità operative di psichiatria, di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, dei SERT, dei NOA, delle Unità Operative di psicologia, delle Unità operative per la tutela della salute mentale in carcere e la gestione delle misure alternative al carcere o al ricovero nelle Rems con il coinvolgimento del sociosanitario; l’inserimento e il mantenimento nell’attività lavorativa delle persone con problemi di salute mentale, tramite interventi concordati con le rappresentanze imprenditoriali, cooperativistiche, sindacali e con la pubblica amministrazione; la progressiva riduzione fino all’eliminazione del legare i pazienti; l’integrità degli organici secondo gli standard organizzativi per i presidi di cui al d.p.r. 14 gennaio 1997;  la costituzione dell’Ufficio salute mentale; la costituzione della Consulta regionale per la salute mentale composta da soggetti istituzionali, operatori e rappresentanti delle Associazioni ed Enti portatori di interessi; la formazione continua degli operatori orientata al lavoro d’équipe e di rete del territorio in un’ottica no restraint. Fra i punti di debolezza dell’art. 25 del disegno di legge Evoluzione del sistema socio-sanitario lombardo vi era il mantenimento di un contesto aziendale che tiene i Comuni e le comunità locali ai margini del governo dei servizi socio-sanitari-assistenziali.

Ma nel percorso fra Giunta Regionale e Commissione III una elaborazione comunque positiva ed innovativa è sparita, come evaporata, nonostante l’impegno di persone come Valerio Canzian, ed oggi, il testo in discussione propone solo una incredibile ammuina di sigle e aziende. Di qui il nostro allarme e il tentativo di riaprire un confronto responsabile, adeguato alla drammaticità della situazione in cui versano i servizi di salute mentale in Lombardia: non può aver credito una riforma del servizio sanitario lombardo che non si ponga in una prospettiva globale, generale; non serve, fa solo confusione la ricerca di razionalizzazioni ed economie gestionali che non metta in discussione  modelli e contenuti delle attività sanitarie, che non riformi la medicina.

Ci rivolgiamo alla Giunta, ai Consiglieri regionali ed agli operatori sapendo che le gravi difficoltà in cui versano i servizi hanno molte cause politiche, istituzionali e organizzative e che ve ne sono anche di “interne”inerenti le culture e la qualità della formazione di base e permanente, come mostra la riproposta da parte dei primari psichiatri della Lombardia di un modello clinico che porta a pensare le REMS provvisorie di Castiglione differenziate per diagnosi psichiatrica, a rifiutare l’integrazione con i Sert, a far rimanere i Dsm negli ospedali, a rifiutare l’integrazione socio-sanitaria.

Per questo chiediamo uno  scatto politico anche “dall’alto” improntato a verità, serietà, rigore.

Luigi Benevelli

La prima parte del mio testo è largamente debitrice dell’intervento di Riccardo Ierna, al convegno Esplorare politiche: per una comprensione delle produzioni politiche dal basso. Approcci, metodologie e apporti teorici, Bologna, 20 giugno 2014.

Riferimenti:

Riccardo Ierna, intervento al convegno Esplorare politiche: per una comprensione delle produzioni politiche dal basso. Approcci, metodologie e apporti teorici, Bologna, 20 giugno 2014.

Mario Maj, introduzione al convegno Schizofrenia e disturbo bipolare, Genova, 21 maggio 2015.

Benedetto Saraceno, La fine dell’intrattenimento, Etas, Milano, 1995

Ivan Cavicchi, Una filosofia per la medicina, in «Teoria», numero dedicato a Critica della ragione medica, 2011, 1, 39-52.

Senato della Repubblica, Relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale (febbraio 2013).

Giorgio Cosmacini, presentazione di Medicina e rivoluzione, Cortina, Milano 2015, «Il sole 24 ore sanità», giugno 2015.

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