di Agnese Ermacora

C’era una volta… la città dei matti, uno psichiatra e una riforma che avrebbe cambiato la storia

foto delle riprese della fiction - ph. Massimo SilvanoIn occasione delle riprese triestine della fiction “C’era una volta la città dei matti”, abbiamo rubato al suo regista Marco Turco alcune battute. L’intervista intera andrà presto in onda sulle frequenze di Radio Fragola, 104.5 – 104.8 (e non solo). Nell’attesa di potervi svelare succulente novità radiofoniche, vi proponiamo un estratto.

Come nasce questo progetto?

La figura e l’esperienza di Franco Basaglia mi appartengono perchè rientrano nel movimento di cambiamento degli anni ’70 a cui, nonostante vivessi a Roma, ho fatto parte: coinvolgeva tutti quelli che desideravano cambiare la società. Una questione politica e sociale. Sentivo la “riforma psichiatrica” come una delle componenti della nostra voglia di cambiare le cose, lottare contro l’emarginazione sociale, economica, culturale. In particolare il desiderio di raccontare questa storia è nato dalla possibilità di parlare dei “diversi”, delle persone “deboli”, delle persone che non vengono considerate ma vengono emarginate: è il genere di cinema che io voglio sviluppare. Nel cinema italiano, con l’eccezione di “Si può fare”, si è raramente parlato della salute mentale. Insomma c’era una seria di elementi, come anche l’anniversario della 180, che mi ha spinto in questa direzione.

Chi fa questo lavoro aspira sempre a fare un film per il cinema e avrei voluto che la pellicola avesse questa destinazione: poi ho pensato che in questo caso la televisione è un valore aggiunto. Un film e non una fiction su Basaglia avrebbe potuto attirare un pubblico di addetti ai lavori o esperti del settore. Il fatto che venga trasmesso dalla la televisione mi permette di offrirlo a un pubblico che probabilmente non sa nemmeno di cosa stiamo parlando o che sicuramente non conosce da dove sia partito Basaglia, ossia quali condizioni abbia trovato quando è entrato nel primo manicomio dove ha lavorato a Gorizia. Condizioni di vita umana come quelle di un lager: similitudine apportata dallo stesso Basaglia.

C’è molta ignoranza. Sono rimasto molto colpito l’inverno scorso quando in una trasmissione radiofonica sulla legge 180, aperta alle telefonate degli ascoltatori, il giornalista affermò che la legge aveva i suoi difetti che questi dipendevano dal fatto che Basaglia avesse sempre negato l’esistenza della malattia mentale.

(nella foto il regista con l’attrice Vittoria Puccini – ripresi da Massimo Silvano)

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