Bologna, 23 nov. (dire)- “Sono l’unica regista contenta di perdere gli attori”. All’Opg di Reggio Emilia il teatro e’ uno dei pochi modi per uscire dal carcere, un percorso terapeutico che nel 2008 ha permesso ad otto attori su 10 di lasciare l’ospedale psichiatrico per trasferirsi in comunita’. Si capisce allora la soddisfazione di Monica Franzoni, che gestisce il laboratorio teatrale all’interno dell’Opg. Questa settimana la compagnia partecipa al festival “Diversamente”, che dal 24 al 29 novembre raccoglie a Bologna le esperienze di teatro e salute mentale presenti in Emilia Romagna. Sul palco dell’Arena del Sole, il 28 ottobre alle 19, andra’ in scena “Aspettando Godot”, di Samuel Beckett (l’ingresso e’ gratuito). “Abbiamo scoperto una corrispondenza fra l’attesa di Beckett e quella che si vive tutti i giorni in Opg- spiega Franzoni- si attende per qualunque cosa, data la lentezza della macchina burocratica, ma soprattutto si aspetta di uscire, e questa e’ un’attesa che puo’ non avere fine”. Sono poche infatti le comunita’ in gradi di prendere in carico i detenuti-pazienti, e cosi’ l’uscita dall’opg rischia di prolungarsi a tempo indeterminato. Non a caso lo spettacolo ha come sottotitolo “L’ergastolo bianco”. “Di solito i pazienti hanno condanne dai cinque ai 10 anni, ma sul fine pena non c’e’ certezza- continua la Franzoni- basta poco ad allontanare il momento dell’uscita. E spesso anche chi va in comunita’ torna dopo qualche mese”. Il gruppo teatrale mette quindi in scena questa particolare forma di attesa, affrontando anche il tema del suicidio, “fin troppo presente nella testa di chi vive in Opg”.  Lo spettacolo, esito di un laboratorio di scrittura, vede il testo di Beckett e quello creato dagli attori fondersi e dialogare. Sul palco ci saranno tre allestimenti per raccontare la vita in un Ospedale psichiatrico giudiziario: la cella, il letto (“che si trasforma anche in letto di contenzione”) e la televisione, unica finestra verso l’esterno. I dieci attori di “Aspettando Godot”, tutti uomini, hanno fra i 30 e i 70 anni. “Per loro fare teatro non e’ facile- spiega la regista- le terapie che prendono, ad esempio, rendono faticoso imparare le battute a memoria, in piu’ hanno seri problemi su tutto cio’ che riguarda l’espressivita’ corporea”. Per questo in opg si lavora soprattutto sulla parola e sulla capacita’ di entrare in relazione con gli altri. Al corpo e’ riservato un’attivita’ a parte, con pesistica e stretching, separata da quella teatrale. “E naturalmente bisogna affrontare tutti i problemi causati dal sovraffollamento- aggiunge la Franzoni- il nostro lavoro non sarebbe possibile senza la collaborazione degli psichiatri e degli agenti penitenziari dell’Opg”. Proprio gli agenti hanno lavorato insieme ai detenuti per costruire un presepe natalizio: sara’ esposto dall’8 dicembre in piazza Casotti a Reggio Emilia.

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