Proposte
Non sappiamo come procedere per quanto riguarda le forme organizzative da darci, percependone in qualche misura il bisogno ma contemporaneamente volendo rifuggire da formule già note, avendo insieme l’esigenza di incidere, di differenziare, di non confonderci, di non venire confusi e nello stesso tempo di non escludere dal dibattito. Consapevoli che il contributo a più intelligenti e adeguate politiche di salute mentale può e deve venire dagli attori più svariati, da pensabili organismi e da impensabili esperienze.
Movimenti molto ricchi sono comparsi sulla scena negli ultimi anni: con essi e ad essi guardiamo con grande attenzione confidando di poterci connettere con il lavoro di una grande intelligenza collettiva.
Una sola preghiera rivolgiamo a tutti: che tanti aderiscano a questo Forum, ma solo se veramente convinti di quanto qui affermiamo, e disposti a praticarlo. Ci impegniamo comunque a creare occasioni e modi di confronto con chi la pensa diversamente.
Quel che veniamo dicendo costituisce l’identità di questo Forum, che speriamo venga arricchito da mille pratiche, mille idee e mille esperienze, ma che già esiste e in modo imprescindibile richiede, non per arroganza ma per chiarezza, l’adesione convinta a questo documento e l’impegno, per quanto uno può, a portarne avanti i contenuti.
Per concludere.
Abbiamo da sempre riconosciuto il grande valore teorico dell’ossessivo richiamo di Franco Basaglia al privilegio delle pratiche e lì ci vogliamo collocare. Vogliamo ribadire il primato della pratica non solo come mero “fare”, ma come produttrice di altra realtà e di altra cultura quando agiamo contemporaneamente sulla struttura materiale delle istituzioni, sul pregiudizio scientifico, sui rapporti di potere, sui legami sociali, quando operiamo per una universalizzazione dei diritti e delle libertà individuali.
A partire da una pratica di deistituzionalizzazione vogliamo affermare che cittadinanza e salute sono inscindibili e un deficit dell’una comporta un deficit dell’altra.
L’elaborazione del mandato sociale come controllo non può che partire dalla tutela e difesa dei diritti delle persone a più bassa contrattualità sociale. A fronte delle universali dichiarazioni a favore dell’inclusione e dell’integrazione sociale, in generale smentite da altrettanto universali e generali politiche, ci permettiamo di voler lavorare per delle pratiche concrete quand’anche singolari che inverino tali principi.
Sappiamo da tempo che nel nostro agire vanno contemporaneamente affrontati i problemi posti dai servizi deputati (loro architettura, risorse destinate, codici di comportamento, proceduralità amministrative, strumentazioni professionali, tipologie, accrediti ecc. ) unitamente ai problemi posti dai sistemi istituzionali in cui i servizi sono inseriti ( il campo sanitario generale, l’applicazione della legge 328, la più vasta realtà delle istituzioni escludenti, in primis l’immenso bacino degli istituti per anziani e insieme ancora la qualità delle politiche complessive di welfare, le non qualità di uno sviluppo insostenibile, le integrazioni negate).
Qualità dei servizi, qualità sociale, capitale sociale, sviluppo umano sostenibile, welfare dei cittadini sono questioni non disgiungibili ma che non ci autorizzano mai a scivolare da un problema all’altro, obbligandoci invece a saperle articolare dentro i ruoli specifici, i quotidiani compiti e ancora una volta pratiche coerenti e trasparenti.
In un welfare dei cittadini la persona riprende una parte di diritti e di potere che gli erano stati tolti o che aveva dato in delega alle istituzioni-mercato. La persona è bene pubblico e fondamento delle istituzioni pubbliche e comincia ad affrancarsi dalla schiavitù dei consumi e richiede indietro il proprio destino, reso mercato e venduto come prestazione o tecnica.
In un welfare dei cittadini si determina una sorta di “globalizzazione”: la messa in rete del valore della persona, della comunità locale, dell’ambiente, dei prodotti, delle esperienze e dei risultati ottenuti nell’esercitare il diritto ad occuparsi degli altri. Su questo fronte si deve ritrovare il legame tra servizi e comunità.
Leggendo la prima lista degli aderenti al Forum, abbiamo trovato il nome di Lorenzo Bignamini, psichiatra ucciso da un altro psichiatra.
Ci siamo impegnati a trovare un modo per ricordarlo, ma finora almeno poter dire che l’esposizione di un operatore, la sua assunzione di responsabilità, il rischio ineluttabile a ciò connesso, resta un valore, il valore connesso al rischio della scelta. Rischio ed esposizione che non vorremmo facessero “un passo indietro” come molti fanno e propongono, ma un passo avanti divenendo rischio e protezione di un gruppo, di una équipe, di un servizio intero, stile di lavoro collettivo che si fa protezione degli uni e degli altri (operatori ed utenti), sostegno e ragione più forte, contesto di senso, inveramento di motivazioni all’aggregazione.
In realtà null’altro che l’elevazione della soglia di responsabilità collettivamente intesa, congiuntamente agita è ciò che questo Forum a tutti vorrebbe proporre, da tanti ottenere.