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Di Enrico Bronzo, Comunità di Sant’Egidio, Roma

Mi chiamo Enrico Bronzo, ho partecipato alla Conferenza Nazionale per la Salute Mentale che si è svolta a Roma nel mese di giugno presso l’Università La Sapienza, sono della Comunità di Sant’Egidio e partecipo da circa 25 anni alle sue attività. Ho partecipato alla tavola rotonda sulla contezione meccanica, e desidero inviare il mio modesto contributo. Non ho in realtà relazionato alla tavola rotonda per un problema di orario, ma tutti gli interventi a cui ho assistito sono stati molto interessanti. Ci vogliamo in qualche modo inserire in questa battaglia di civiltà e contro ogni violenza.



La Comunità di Sant’Egidio, fin dalla sua fondazione, è sempre stata vicino ai poveri e alla sofferenza, tra cui anche le persone con patologie psichiatriche che oltre a causare sofferenze per la persona e i familiari creano separazione e solitudine. Siamo impegnati a seguire, quindi, persone con patologie psichiatriche, rompendo l’isolamento, dando dignità e incentivando la socializzazione. Molte persone sono impegnate a lavorare con noi in attività di volontariato, mirate, dando un senso diverso alla propria vita. Altre persone più gravi vengono seguite personalmente a casa. I poveri e i malati noi li seguiamo per anni, sono sempre accompagnati da noi. Forse questa è una peculiarità della Comunità rispetto ad altre realtà. Potremmo dire che è un follow-up di lungo periodo.

Nel seguire i nostri amici spesso siamo andati a trovarli nelle varie strutture psichiatriche in cui venivano ricoverati. Nelle poche righe che seguono abbiamo voluto dare il nostro contributo, seppur modesto, sulla contenzione meccanica.

Quello che possiamo notare è che, almeno per alcune cliniche private convenzionate, il ricorso alla contenzione meccanica è quasi una routine. Vedere il carrello dei farmaci da passare ai pazienti con le cinghie di contenzione sopra non è una bella cosa. La contenzione meccanica come se fosse una medicina? Forse questo aspetto negli ultimi anni si è fatto più evidente, non solo nelle strutture psichiatriche ma anche in quelle per anziani. Probabilmente la contenzione si è sempre praticata, magari in una forma più discreta, ma ora sembra essere palese. I turni stressanti del personale, il numero ridotto di persone che lavorano nei vari reparti, il rischio di essere denunciati nel caso in cui si dovesse verificare un incidente ad un paziente, probabilmente hanno fatto aumentare questa procedura. Questi problemi lavorativi non possono assolutamente giustificare tale pratica. Il fatto che nello stesso reparto siano presenti pazienti con diverse patologie non solo psichiatriche, ma di ritardo mentale o di dipendenze, non facilita certo la situazione. Vedere delle persone legate al proprio letto di degenza dalle 18 fino alle 8 di mattina tutte le sante notti, senza motivo, è chiaramente pratica di tortura (per una tranquillità del personale?). Tortura che, ripeto, sembra aumentare. In un importante SPDC di Roma un paziente è stato tenuto a letto legato per 8 giorni (h24): non credo sia l’unico caso e purtroppo neppure l’ultimo.

Se alcune strutture psichiatriche che in passato hanno subito una pressione mediatica e un controllo “politico” (ispezioni di parlamentari, inchieste giornalistiche e televisive) hanno aumentato i loro standard assistenziali, altre sembrano essere terra di nessuno.

Chiaramente, se esistesse una volontà per arginare il fenomeno, questa potrebbe essere efficace, pur consapevoli che il clima culturale sta avvelenando la società.

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