22228173_1553152888064726_5730119485724046464_nGentile Direttore (*),

il processo di chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) si è realizzato con grande ritardo, con gli ultimi 2 “internati” nell’OPG di Barcellona Pozzo di Gotto dimessi, ad esempio, solo il 2 maggio di quest’anno. Siamo ora entrati in una nuova fase in cui le 30 strutture sanitarie costruite al loro posto (Residenze Esecuzione Misura di Sicurezza, REMS, max 20 posti letto ) sono entrate a regime.

Devo riconoscere che nella delibera regionale 5340 del giugno 2016 il passaggio più significativo è sicuramente il personale dedicato alla gestione dei progetti di reinserimento, ove possibile, di soggetti portatori di patologie psichiatriche coinvolti in vicende giudiziarie: 120 operatori, 4 unità per ogni ASST  Lombarda.

Su questo è stato raggiunto l’accordo con l’ASST Spedali Civili di Brescia: i 4 operatori – 1 psichiatra e 1 infermiere al 50%, 1 Assistente Sociale e un Educatore a tempo pieno – saranno assunti con i fondi della Legge Nazionale 81/14, tradotti a livello locale dalla Regione Lombardia.

Siamo tra le prime Aziende in Regione che avranno questo personale, grazie ad un impegno che è andato ben oltre la trattativa.

Ricordo che il Comitato Stop OPG a Brescia è stata una presenza molto attiva e propositiva (con presentazione di libri, di docufilm al cinema EDEN, con una mostra di Sambonet a Brescia presentata anche a Roma-Firenze-Milano, raccolta firme sulle campagne che hanno portato alla chiusura di queste strutture, partecipazione alle iniziative in Commissione Giustizia del Senato durante l’iter della legge).

Mentre il Dipartimento Salute Mentale ha organizzato un corso di formazione specifico, in due edizioni, per tutto il personale del DSM e un convegno già nell’aprile 2015 dal titolo: “Superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari ed oltre”.

Si spera allora di essere stimolo per le altre ASST (25 in tutta la Lombardia) per dotarsi di strumenti che favoriscano l’intervento alternativo alla detenzione di queste persone e che raccordino la loro azione con i soggetti investiti da questi casi: Magistratura, Uffici Esecuzione Penale Esterna, Servizi Territoriali del DSM in modo  tale da favorire la scelta che considera RESIDUALE la custodia detentiva in REMS per pazienti che non sono pericolosi socialmente.

Perchè è qui il nocciolo del problema: la contraddizione tra necessità di sicurezza della popolazione e il necessario, sì necessario, percorso di riabilitazione individuale di persone che soffrono di problemi mentali e che necessitano di cure, in quanto cittadini, anche quando commettono reati. Dopo la chiusura dei manicomi, che interessò circa 70.000 persone e non 1400 degli OPG, non vi è stato un aumento significativo di reati che qualcuno aveva preventivato con la “liberazione dei matti di Basaglia”. Perchè il concetto di pericolosità sociale è criterio inadeguato a descrivere la complessità di una persona. Poco predittivo.

Sulla CONTRADDIZIONE, Basaglia diceva che era il “luogo” del cambiamento reale: la soglia da attraversare per poter immaginare una nuova dimensione (la chiusura del manicomio, ad esempio) da cui ripartire, per andare oltre, continuamente.

Tutto ciò è altro dall’elettroschock che si pratica ancora oggi all’ospedale di Montichiari, autorizzato dal 2005 dall’allora Direttore Sanitario e dal Comitato Etico (dall’intervista del Dott. Fazzari sull’espresso del 20.8.2017).

Dicono che solo in Italia, perché ideologicamente ancora succube della riforma Basaglia, ci sono tutti questi problemi: in altri paesi europei viene somministrata regolarmente. Si dimenticano di dire che sono paesi dove esistono tuttora manicomi. Che l’Italia ha definitivamente chiuso nel ’99. Nel Regno Unito esistono 160 centri, in Germania 159, con centomila trattati. Andiamo avanti ancora con il confronto o la finiamo qui? “La TEC non prevede un DRG nel tariffario della sanità: è una terapia che non ha ritorno economico” (sempre dall’intervista all’Espresso): io so che le sedute a Montichiari prevedono la presenza di personale infermieristico nella preparazione e accompagnamento del paziente, presenza di un’anestesista, di un medico psichiatra, occupazione di una sala operatoria: tutto fornito dal SSN, pagato con le nostre tasse. Siamo passati (e la mancanza di dati precisi dice della serietà della ricerca sull’elettroschock, non solo in termini di esiti), dicevo siamo passati da 1406 pazienti nel triennio 2008/2010 (unici dati ufficiali 2012 Ministro Balduzzi: 521/2008, 480/2009, 405/2010)  ai circa 300 nel 2014 nelle 6/10 strutture in cui si pratica in Italia. Un trend in calo: come mai?

Non è poi così miracoloso come sembra?

Tutte questioni che verranno affrontate durante l’iniziativa che si terrà a Montichiari il 13 ottobre, alle ore 20.30 nella sala consiliare, partendo dallo spunto della presentazione dei libri dello psichiatra Piero Cipriano “La trilogia della riluttanza: cronache sulle cattive pratiche in uso in ambito psichiatrico” (vedi la locandina dell’evento).

Il 2018 è il 40° anniversario della  legge 180, impropriamente chiamata legge Basaglia, che ha iniziato il lungo processo della chiusura dei manicomi in Italia, avvenuta ufficialmente solo nel 1999. Al senato è stato depositato pochi giorni fa il disegno di legge 2850 per tradurre i principi della legge 180 nei territori in cui non è stata ancora applicata e sarà il faro che orienterà nel paese le molteplici iniziative previste dei soggetti coinvolti: operatori, pazienti, familiari, cittadinanza attiva.

Il 2018 è anche l’80° anniversario della prima applicazione elettroschock di Cerletti (dopo che aveva notato l’effetto su maiali prima della macellazione in un mattatoio romano): a Roma il 14/4/‘38, su una persona che vagava in stazione disorientata e arrestata per vagabondaggio perché sprovvista di biglietto.

“Noi” sappiamo quale celebrare.

(*) lettera inviata al quotidiano BresciaOggi

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