Lettera di Peppe Dell’Acqua novembre 2021 Care amiche e amici, e care compagne e compagni di strada, che questa piazza, per una ragione o per l’altra, avete frequentato, devo comunicarvi che è difficile, se non impossibile continuare a gestire il sito (e le conseguenze politico – culturali che ne derivano), senza una condivisione con voi. Come ho già detto nel corso dell’ultimo anno, sono rimasto pressoché solo a gestire il sito, ma anche a rispondere…
PER LA RINASCITA.
di Davide Speranza
Un cavallo, di quelli che compaiono nelle storie epiche di Omero, solo che questo è azzurro e non vuole conquistare i troiani, ma cantare la libertà di essere uniti, non è pieno di guerrieri assetati di sangue ma di desideri e speranze. La spiaggia di Santa Teresa farà da culla, il mare da testimone, il pubblico cittadino da protagonista. È “La Rinascita, il Signor Mezzogiorno incontra Marco Cavallo”, lo spettacolo-performance organizzato per la Festa dei teatri di Salerno-Culture per la socialità, ospitato come evento speciale al Campania Teatro Festival diretto da Ruggero Cappuccio (questa domenica ore 17.30). La poesia di Alfonso Gatto si unisce idealmente alla scultura in cartapesta chiamata “Marco Cavallo” realizzata nel 1973 dagli ospiti dell’istituto manicomiale di Trieste allora diretto da Franco Basaglia. Il teatro, la forza dell’immaginazione spronano all’uguaglianza, alla parità umana, mondi altri.
di Mario Novello
Alcune frasi del dottor Di Giannantonio, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP), riportate dal quotidiano Il Piccolo a proposito del concorso per il Responsabile del Centro di Salute Mentale di Barcola (CSM), mi costringono a intervenire soprattutto per rispetto di tutte quelle persone che si sono affidate e si affidano a un complesso sistema di operatori e operatrici della salute mentale che generosamente affrontano ogni giorno la durezza della realtà e si prendono cura della sofferenza delle persone. Un intervento dovuto anche per rispetto di tutti i Magistrati con i quali dal 1979 abbiamo condiviso e condividiamo tuttora percorsi di democrazia su fronti molto delicati e difficili.
Condividiamo qui una lettera aperta, scritta dai familiari al dott. Pierfranco Trincas, vincitore del concorso per Direttore del Centro di Salute Mentale di Barcola (TS).
LETTERA APERTA
con 105 firme di persone con esperienza
Gentile Dottor Trincas,
Chi Le scrive è un gruppo di familiari e di utenti che da molto tempo frequentano il Centro di Salute Mentale di Barcola. Da sempre collaboriamo con quei bravi operatori sanitari per cercare di contribuire a dare ai nostri cari le migliori possibilità di cura, ripresa e, sperabilmente, guarigione. In un clima sempre dialettico, venato negli ultimi anni da non poche preoccupazioni per la percezione di restrizione delle risorse imposte dalle Direzioni Generali e dalla Regione, riteniamo che sostanzialmente le linee portanti degli interventi di cura siano state sempre improntate al rispetto delle nostre esigenze, della libertà e dei diritti, del dialogo ed aperto confronto continuo. In breve sintesi, troviamo che questi interventi di cura e la “politica delle porte aperte” sia una realtà per noi irrinunciabile, così come l’approccio moderno per interventi ad alta integrazione, comprensivi dell’attenzione al lavoro, al reinserimento sociale, alla globalità degli aspetti della vita quotidiana sia dei nostri cari che nostra. Oggi più che mai abbiamo bisogno di forti azioni, in continuità di pensiero ed intenzione, di prese in carico forti, di garanzia e sicurezza che ci sia progresso e mai retrocessione.
“Se a Trieste la storia riscrive la Basaglia” di Massimo Recalcati
La Stampa, 7 giugno 2021
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La riforma psichiatrica di Franco Basaglia, conosciuta come Legge 180, approvata nel maggio del 1978, è stata probabilmente la riforma più significativa, se non l’unica, figlia della grande contestazione del ’68. Essa ha avuto nella città di Trieste il suo epicentro geografico e politico. E’ questa una cifra simbolica di grande rilievo: nella città italiana che più di tutte porta con sé il valore, anche traumatico, dell’esperienza del confine, si chiude il manicomio come luogo di segregazione brutale della follia per ricordare alla vita della polis che essa – la follia – non è l’indice di una vita che si è disumanizzata, ma un’esperienza dove la condizione umana trova una sua espressione tragica ma fondamentale. Basaglia lo ripeteva spesso: la follia non è una malattia del cervello, ma una manifestazione della vita dell’uomo. Il movimento che ha portato alla chiusura dei manicomi nel nostro paese e all’idea di un servizio per la salute mentale radicato sul territorio (al di là dei limiti incorsi nella sua effettiva applicazione), e’ stato un movimento non solo interno alla storia della psichiatria, ma anche più ampiamente filosofico e politico: liberare il folle dalla violenza dell’istituzionalizzazione che tendeva a cronicizzare la malattia, sottrarlo al destino del confinato, dell’emarginato, dello scarto della società. Grande opera, dunque, di inclusione, di riscatto anche civile, di riapertura dei confini.
“PRETESTI, un libro al mese per ripensare alla cura e alle pratiche della salute mentale” è dedicato a Franco Basaglia. Al centro dell’incontro il volume di Mario Colucci e Pierangelo Di Vittorio aggiornato e riproposto dalla Collana 180 di Edizioni alphabeta Verlag di Merano Il 13 maggio non è un anniversario qualunque: è il giorno in cui 43 anni fa è stata approvata la Legge 180. Il giorno in cui la psichiatria ha assunto ufficialmente…
È da tempo che sento parlare del grigiore delle psichiatrie che oggi tengono il campo. «Le mani alla gola degli schizofrenici», per dirla con David Cooper, continuano a soffocare emozioni, parole, passioni. Una scena, questa, che oggi si mostra quasi ovunque senza veli e senza vergogna alcuna.
Avevo saputo della morte di Andrea dal giornale radio. Amici torinesi mi chiamarono il giorno dopo. Mi chiesero di scrivere qualcosa, di commentare, di prendere posizione. Quello che era accaduto nel piccolo giardino pubblico di Torino aveva assunto immediatamente le dimensioni di una imperdonabile violenza. Una morte così dovrebbe essere impensabile oggi, solo se finalmente gli psichiatri, gli infermieri, i direttori generali delle aziende, i governi regionali volessero veramente sapere qualcosa della incommensurabile lontananza delle persone che vivono l’esperienza, del loro bisogno di aiuto e di ascolto. E non continuare a brandire come un rozzo randello il Trattamento sanitario obbligatorio.
Allora scrissi che il Tso non è un mandato di cattura. Quasi ovunque – è impressionate in quanti, troppi luoghi ciò accade – gli psichiatri si interrogano poco, i sindaci ancor meno, i giornalisti si adeguano. Ovunque, dicevo, il Tso finisce per essere non quel momento di garanzia, di difesa del cittadino, specie mentre manifesta la sua totale fragilità e un profondissimo bisogno di ascolto e di comprensione, ma la fredda esecuzione di un’ordinanza. Il legislatore aveva voluto indicare un “obbligo” che i servizi devono assumere alla negoziazione, alla responsabilità di curare soprattutto quando la persona rifiuta le cure. Un esercizio non facile: obbligare alla cura e salvaguardare dignità, ascolto, comprensione.
Le prime pagine del libro di Matteo Spicuglia (Noi due siamo uno, Add editore, 2021) sono agghiaccianti. Non posso non dirvi che le ho lette con un nodo in gola e una profonda emozione tra rabbia e solidarietà che non mi ha lasciato anche nei giorni successivi. Andrea viene ucciso da incolpevoli agenti della polizia municipale e dalla totale incompetenza e negligenza propria delle psichiatrie e per la non più tollerabile assenza di politiche governative e regionali che vogliano rendersi conto che esiste non solo un dettato costituzionale, una legge dello Stato, ma anche organizzazioni, dispositivi e culture che devono agire prima che la distanza diventi incolmabile. Quel tipo di intervento, il Tso, che purtroppo si conclude anche tragicamente, è il frutto dell’inerzia, della criminale disattenzione delle politiche regionali e delle aziende sanitarie che ancora non attivano – ma quando mai lo faranno – presidi forti di salute mentale comunitaria, diffusi e presenti nel territorio, disposti ad accogliere, ad ascoltare, a intervenire ventiquattr’ore su ventiquattro, ogni giorno, per tutta la settimana. Le morti, che qui non voglio più elencare ma che ognuno di voi ricorda degli ultimi 10-12 anni, sono avvenute sempre per il vuoto prima che l’intervento di “cattura” abbia inizio: vuoto di ascolto, di capacità di smontare il lievitare della crisi e della domanda repressiva.
Il Forum spesso, e continua a farlo, discute e informa, le cattive pratiche non mancano. Non ultima la morte di un altro quarantenne, Matteo Tenni, avvenuta nel piccolo paese di Ala nel trentino, ucciso dai carabinieri in un intervento determinato ancora una volta da quel vuoto di cui continuiamo a “urlare”. Con Matteo Spicuglia ho discusso del suo prezioso lavoro quando il libro stava per entrare in stampa, ho risposto alle sue domande, e quando finalmente ho letto il pdf non ho potuto trattenermi dal chiamarlo. Il suo è un lavoro prezioso, va letto, consigliato. I giovani che si accingono a questi mestieri troveranno ragioni per interrogarsi. Un solo appunto: il titolo. Sarebbe stato appropriatissimo e sufficiente il sottotitolo la morte di Andrea Soldi, mentre è davvero inaccettabile che ancora si scriva morto per Tso perché, non mi stanco di ripeterlo, si muore per le sgangheratezze, le autoreferenzialità, le distanze delle psichiatrie, per la miseria delle organizzazioni del territorio, per la costante scarsità di risorse, per la trascuratezza e le approssimazioni dei servizi formativi. Ma il libro non finisce qui. Saranno le carte che Andrea lascia nel suo appartamento, i suoi scritti, la bellezza e la profondità delle sue riflessioni, il racconto emozionante e poetico del suo mondo interno che costruiscono l’altra parte del libro e un interrogativo inquietante. Venticinque anni di “malattia” e di contatti con i servizi di salute mentale, sostenuti dalla amorevole sollecitudine di sua madre, di suo padre, di sua sorella, hanno fatto poco per illuminare il mondo così ricco di Andrea, riducendo tutto a cosa, a diagnosi, a farmaco.
Pistoia, 27 gennaio 2021 È con profonda preoccupazione e indignazione che il Forum Salute Mentale ha appreso della decisione del sistema Salute Mentale di Cagliari di mettere fuori dalla sede tradizionale l’associazione ASARP, la cui attività in difesa di familiari e di persone con sofferenza mentale è nota su tutto il territorio nazionale. Il contributo dell’ASARP per la città di Cagliari e per la Sardegna tutta è riconosciuta e apprezzata in un campo, la salute…
Venezia, 1 settembre 2018: Obbiettivo 180
In occasione di ISOLA EDIPO, rassegna dedicata ad arte, cinema, letteratura, musica, cibo e attualità all’insegna della cooperazione, del rispetto dell’ambiente, della persona e della sostenibilità:
OBBIETTIVO 180: salute mentale e diritti di cittadinanza in Italia a quarant’anni dalla Legge 180
In una stagione profondamente segnata dal ritorno di una cultura securitaria, antidemocratica e istituzionalizzante, nel quarantennale dalla Legge 180, abbiamo pensato fosse importante dare vita a un incontro nazionale rivolto a medici, infermieri, operatori, utenti, familiari e società civile. Pensiamo sia necessario aprire uno spazio di discussione e confronto tra tutte quelle reti e quelle esperienze che in Italia oggi lungo tutta la penisola promuovono una cultura inclusiva in cui i servizi alla persona siano parte integrante delle città, al fine di dare vita a un laboratorio itinerante condiviso e partecipato per il consolidamento dei diritti di cittadinanza attraverso la tutela e la completa applicazione della legge Basaglia.
Vorremmo che la Giornata per la Salute Mentale ponesse al centro l’attenzione più profonda per “le domande più autentiche di una persona che vive l’esperienza. Anche se spesso inespresse o negate, esse non sono diverse da quelle di ciascuno altro: una casa, degli amici, affetti esclusivi, un lavoro, il divertimento, il diritto di abitare una città, il denaro per vivere, la possibilità di professare un credo religioso, la libertà di parlare ed esprimersi. Le sue fatiche sono invece molto più grandi rispetto a quelle di chi non soffre: le idee possono essere bizzarre e non comprese. Le risposte affettive inadeguate, le reazioni inaspettate, la voce per chiedere e rivendicare i propri diritti molto debole oppure spropositata. Le sue parole possono risuonare come una minaccia, quando sono invece una dolorosa richiesta d’aiuto. Tante persone riescono a formulare così impulsivamente il loro bisogno di cura e di vicinanza da risultare aggressivi agli occhi degli altri”.