INVISIBILI_VOLANTINO

IN/VISIBILI – “… Tutto tranquillo, non sembra neanche manicomio.” Dall’annullamento al recupero delle Identità negate

Percorso della memoria, per immagini, suoni, parole

direzione artistica: Antonio Fortarezza

con il contributo artistico di:Fausto Mesolella, Teatro dei Limoni, Antonello Cantiello

Fotografie e video: Antonio Fortarezza

25-30 gennaio 2014 – Foggia – Museo Civico (piazza Vincenzo Nigri)

IN/VISIBILI è un percorso per immagini, voci e suoni, pretesto per contribuire all’acquisizione di maggiore consapevolezza verso un passato recente nelle ex strutture manicomiali, delle quali non è mai scontata l’archiviazione.Nel percorso, attraverso quegli spazi vuoti, della persona se ne intuisce il passaggio, l’impronta, il vissuto. Spazi e assenze che rievocano identità costrette e nascoste. Vuoti che a voler guardare oltre, per contrapposizione e attraverso oggetti e scorci, se ne intuiscono corpi, volti, gesti, solitudini, sofferenze, vite non-vissute.IN/VISIBILI è un invito a soffermarsi per pensare, allontanandosi seppure per poco dalla superficie della quotidianità, e riconoscersi nell’Altro, attraverso il bisogno di attenzione e il rispetto degli inviolabili diritti di ogni persona.

L’allestimento vuole essere occasione d’incontro con la città ed è da considerarsi parte di un percorso educativo e culturale pensato in particolare per gli studenti, in primo luogo sui temi dell’istituzione manicomiale e la cura della sofferenza psichica e, anche per la concomitanza con la ‘Giornata della Memoria’ del 27 gennaio, occasione per contribuire a far luce e favorire memoria condivisa su un periodo storico che, pur ricco di fermenti sociali e culturali, fu tra i più cupi della nostra storia recente.

In Italia, il manicomio nasce nel XIX secolo sulla base di istanze progressiste. Ben presto, però, le funzioni di custodia e segregazione prevalgono su quelle di cura. Solo nel 1978, con la legge 180, si prende atto del suo fallimento e si inizia una cura basata sul recupero dei diritti di cittadinanza dei folli. I servizi di salute mentale nati da quella legge provano a resistere, tra la crisi dei sistemi di welfare e la diffusione di ideologie sfavorevoli alle pratiche di inclusione sociale.

Per gli studenti sono previsti incontri con Alessio Maione (sociologo) e Katia Ricci (storica dell’arte), che relazioneranno su aspetti storici (sociologico/artistico) inerenti il manicomio, la creatività, la discriminazione.

Olocausto, manicomio, riforma e restaurazione psichiatrica(a cura di Alessio Maione)

Parlare di manicomio e di psichiatria nella giornata della memoria – quando si ricordano la Shoah e l’Olocausto – è assolutamente pertinente in primis da un punto di vista storiografico, perché la Endlösung (soluzione finale) non è concepibile senza le sperimentazioni messe in atto dalla scienza psichiatrica del Terzo Reich. Ma parlarne lo è anche – in generale – dal punto di vista culturale e politico. Perché il manicomio, con la sua decostruzione resa possibile in Italia dalla legge 180, con gli innumerevoli tentativi di restaurazione più o meno mascherati e con la prevista chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, è al centro del dibattito sulle tematiche della sicurezza sociale e dei modelli di welfare.

Arte de-genere. Dalla valorizzazione dell’Avanguardia alla repressione nazista

(a cura di Katia Ricci)

Una delle ipotesi più diffuse per spiegare il motivo del legame tra creatività e malattia mentale è che negli artisti mancherebbe un filtro sufficiente con la realtà esterna. La psicosi, provocando un allentamento degli elementi pulsionali, può creare associazioni di idee particolari e immaginifiche. Chi crea e chi fa propria l’esperienza artistica, guardando e godendo delle opere d’arte, in qualche modo si collega all’infanzia, età in cui la creatività affonda le sue radici. Anche l’osservatore, se ne fa un’esperienza attiva, riesce a cogliere i propri sentimenti più remoti e i propri “frammenti emotivi” più profondi.

Alcune avanguardie, in particolare il Surrealismo, nel Novecento hanno messo al centro della ricerca i processi psicologici e la creatività. Molti furono gli artisti che rifiutando la cultura tradizionale hanno sperimentato altre forme espressive privilegiando il primitivo, l’irrazionale, la spontaneità, la naivete, tendenze che si ritrovano anche nelle espressioni delle persone malate di mente. Da tutto questo nacque l’Art Brut, dove il termine fa riferimento a un’arte “fuori dalla cultura”, all’arte “totalmente pura”,

Nella Germania dei nazisti i disabili fisici e psichici furono considerati nemici passivi dello Stato che avrebbe dovuto spendere per mantenere in vita persone la cui vita non era degna di essere vissuta. Il 14 luglio del 1933 fu emanata la legge per la sterilizzazione di queste persone e fino al 1941 furono uccise ottantamila disabili. La persecuzione dei malati di mente e degli ebrei andò di pari passo con un programma di “pulizia” nell’ambito dell’arte. Furono “epurati” i musei tedeschi da tutte le opere dell’Avanguardia nel folle e criminale progetto che l’arte moderna, assieme agli ebrei, agli zingari, ai testimoni di Geova e agli omosessuali, doveva sparire dalla scena definitivamente.

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