stop_opg_sitodi Giovanna Del Giudice

Con le dimissioni del presidente del Consiglio del 12 novembre, l’Accordo della Conferenza Unificata del Consiglio dei Ministri del 13 ottobre “Integrazione agli indirizzi di carattere prioritario sugli interventi negli Ospedali psichiatrici giudiziari e nelle Case di Cura e custodia di cui all’Allegato C al DPCM 1 aprile 2008” rappresenta l’ultimo atto del lavoro della Commissione del Senato sull’efficienza ed efficacia del Servizio sanitario nazionale, presieduta dal senatore Marino, sugli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg).

In sintesi l’Accordo individua interventi integrativi come supporto alla dimissione dagli Opg degli internati che hanno concluso la misura di sicurezza, di quelli  in osservazione o trasferiti dagli istituti penitenziari per una definitiva, se pur tardiva, conclusione della fase “uno” dell’allegato C. A tal fine entro il 30 giugno 2012 in ogni Regione o Provincia autonoma,  in almeno uno degli istituti penitenziari deve essere istituita,  attraverso i Dipartimenti di salute mentale, una sezione specifica per la tutela della salute mentale delle persone detenute onde  contrastare e rendere non necessario l’invio di detenuti che manifestano problemi psichici in Opg, nonché per permettere nella garanzia della cura  il ritorno dall’Opg di quelli già inviati dal carcere. Si impegnano inoltre i Dipartimenti di salute mentale a promuovere azioni integrate con i servizi sanitari e sociali territoriali per la presa in carico sanitaria e l’inserimento delle persone dimesse nei territori di appartenenza. Viene definito infine, per le persone per le quali l’internamento ha fatto perdere la residenza, la competenza del Dipartimento di salute mentale del territorio presso il quale avevano “l’ultima residenza o l’abituale dimora” prima del ricovero, così come già avvenuto durante la “dismissione” degli ospedali psichiatrici civili, contro gli abbandoni e le omissioni di responsabilità nella presa in carico da parte dei servizi.

Con tale atto si conclude un lavoro di grande significato e valore che la Commissione, all’interno della verifica sullo stato dei servizi della salute mentale nel paese, ha dedicato all’Opg, alle condizioni di vita e di assistenza in cui versano circa 1500 persone oggi internate nei sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani.

Riteniamo utile ribadire  che la “fine” dell’Opg e della legislazione “speciale” che lo fonda e sostiene può sola essa andare a raffigurare la concreta conclusione del lungo processo di riforma sull’assistenza alle persone con sofferenza mentale, di un definitivo mutamento dello “sguardo” sull’altro-con-sofferenza-mentale, della fine del pregiudizio che tiene insieme malattia mentale e pericolosità sociale, della qualificazione complessiva dell’assistenza psichiatrica pubblica e del sistema penitenziario e dell’entrata piena, con responsabilità e diritti, nella cittadinanza delle persone con disturbo mentale.

La legge 180,  la fine del manicomio pubblico, la costruzione di una rete di servizi di salute mentale territoriali, la presa in carico della persone con sofferenza mentale nella comunità, pur tra luci ed ombre, tra eccellenze da una parte e gravi carenze dall’altra in riferimento alla qualità e complessità della presa in carico della persona con sofferenza e del suo contesto, un mutato sguardo alla persona con malattia mentale, hanno permesso che si possa elaborare e rendere attuale la “fine” dell’Opg.

Dopo la diffusione  del video girato durante le visite della Commissione del giugno-luglio 2010 nei  sei Ospedali psichiatrici giudiziari nessuno, ed in particolare le istituzioni dello Stato, può più dire di non sapere, di  non conoscere l’orrore delle condizioni di vita e di assistenza in cui versano gli internati negli Opg. Ma quello che maggiormente suscita orrore non sono le lenzuola lerce, il lezzo d’urina, il tanfo e la sporcizia, i letti arrugginiti, i  letti di contenzione con un foro nel mezzo per la caduta degli escrementi, anche quello, ma il sapere psichiatrico e le concezioni della malattia mentale, le psichiatrie quindi, che sottendono  e sostengono l’Opg, le pratiche omissive di operatori sanitari e del diritto, il permanere di uno “statuto speciale” per il malato di mente che nega a questo responsabilità rispetto ai suoi atti, l’evidenza che l’Opg è contenitore della miseria e dell’abbandono,  degli “scarti” delle istituzioni penitenziarie, sanitarie e sociali, la violazione dei diritti umani che nell’istituto si perpetua.

Quindi quello su cui si deve continuare ad operare con tenacia e competenza non è tanto il miglioramento delle condizioni di internamento negli istituti, pure quello, ma tanto più bisogna agire:

  • sul miglioramento delle condizioni di detenzione e l’entrata diffusa ed adeguata del  Dipartimento di salute mentale (Dsm) nel carcere
  • sulla qualificazione dell’assistenza di salute mentale comunitaria dei Dsm
  • su incentivi economici alle Aziende sanitarie e  ai Dsm che si fanno carico degli internati in Opg di competenza territoriale e garantiscono misure alternative all’internamento, di contro a  sanzioni per le Aziende e i Dsm inadempienti
  • sulla fine da parte della magistratura di sorveglianza della pratica di proroga della misura di sicurezza in relazione alla indisponibilità del Dsm di farsi carico delle persone che hanno terminato la misura di sicurezza
  • sulla modifica degli articoli del codice penale sull’imputabilità del malato di mente (artt. 88 e 89 c.p.) e sulle misure di sicurezze detentive.

 

Risulta assolutamente non accettabile invece che nella fase del superamento definitivo dell’Opg si consideri proprio il passaggio dell’istituto penitenziario ad istituto sanitario, sul modello dell’Opg di Castiglione. Premesso la legge 180/78 e le successive leggi dello Stato, in particolare la finanziaria del 1998, hanno disposto la fine del manicomio,  il passaggio dell’Opg a ospedale psichiatrico civile interromperebbe il processo di superamento dell’Opg e di applicazione piena della riforma psichiatrica.

Riconosciamo infine che il lavoro della Commissione ha rimesso attenzione alla applicazione del DPCM del 2008, rimasto per la maggior parte non attuato nei tempi e modi previsti e ha fatto sì che alcune Regioni per la prima volta si siano fatte carico di conoscere i loro cittadini internati, quando non dimenticati, negli ospedali psichiatrici giudiziari, ed altre Regioni hanno cominciato attraverso i Dipartimenti di salute mentale a farsi carico delle dimissioni degli internati dagli Opg.

Ma riteniamo indispensabile ribadire che la presa in carico della persona con disturbo mentale e del suo contesto, significativamente personalizzata. si declina nel territorio, negli ambienti naturali di vita e  non nella segregazione delle vecchie e nuove istituzioni totali; ci preoccupa quindi la proposta di una rete di strutture residenziali per dimessi dall’Opg con un diverso grado di assistenza proporzionato alla pericolosità sociale. Ribadiamo che le persone devono essere giudicate per i reati che compiono, non per la malattia di cui soffrono, anche se la malattia può determinare attenuanti o misure alternative al carcere e rinnoviamo l’impegno contro ogni forma di violazione dei diritti umani.

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