Un momento di riflessione, in questa giornata in cui si festeggia l’Unità d’Italia, chiediamo si faccia sulla questione “salute mentale e diritti umani”.
Questione a noi familiari molto cara perché attiene al diritto alla salute, alle cure e al rispetto umano dei nostri cari e di noi stessi. Ma anche al rispetto che si deve all’intera Comunità alla quale devono essere garantiti i diritti Costituzionali di piena e concreta tutela della salute fisica e psichica.
Registriamo una disattenzione istituzionale senza precedenti in Italia e in tante Regioni non più tollerabile, che richiede non solo l’impegno nostro e di tutte le organizzazioni che con noi si battono per il pieno rispetto dei principi della Legge 180 e della Legge 833 (Forum Nazionale Salute Mentale, Cittadinanzattiva, CGIL, ANPIS, Psichiatria Democratica, Fondazione Basaglia, COPERSAMM, FISH, e altri ancora). Registriamo un pesante peggioramento della qualità degli interventi in salute mentale a causa della progressiva diminuzione delle risorse finanziarie e professionali e del fatto che la “salute mentale” non è considerata questione prioritaria nella agenda politica italiana. Risorse drammaticamente ridotte o non adeguate sia per quanto riguarda gli interventi più propriamente sanitari, sia per quanto riguarda i fondamentali interventi sociali (per la prevenzione e l’integrazione sociale).
Questa denuncia pubblica, sullo stato dei servizi di salute mentale nel nostro Paese, è stata da noi, ripetutamente negli anni, portata a conoscenza (nel dettaglio) di tutte le Istituzioni, dal Capo dello Stato al Presidente del Consiglio e Ministro della Sanità, dal Parlamento ai gruppi parlamentari e commissioni parlamentari competenti, dalle Regioni alle Aziende Sanitarie Locali.
Noi sappiamo bene cosa occorre fare per migliorare le condizioni di vita delle nostre famiglie e delle persone colpite dalla sofferenza mentale. Così come sappiamo di chi sono le competenze e le responsabilità. Sappiamo perché molti dei nostri cari non migliorano e non hanno le stesse opportunità che ad altri in territori e servizi “più fortunati” sono assicurati.
Ma noi non abbiamo il potere di cambiare lo stato delle cose, abbiamo il dovere e la responsabilità della denuncia e il dovere e la responsabilità di avanzare proposte, ma non il potere e la responsabilità che i Direttori delle Aziende Sanitarie e gli Assessori Regionali hanno.
Abbiamo denunciato, nel maggio dello scorso anno, questo stato di cose alla Commissione Parlamentare di inchiesta del Senato sulla efficienza ed efficacia del servizio sanitario nazionale. Ed è da questa Commissione di inchiesta che ha ascoltato con sincero e preoccupato interesse la nostra circostanziata denuncia, che abbiamo registrato una azione concreta di indagine. Sia sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (vergogna nazionale!) che sui servizi territoriali di salute mentale.
E’ venuta fuori una realtà drammatica e vergognosa che in tanti fingono di ignorare, ma anche esempi di straordinaria umanità, competenza, ed efficacia in tanti servizi di salute mentale dislocati sul territorio nazionale. E questi importanti esempi di buona pratica li dobbiamo a chi svolge il suo ruolo pubblico con onestà e competenza nell’esclusivo interesse della collettività.
In questi mesi abbiamo percorso l’Italia in lungo e in largo per discutere con le nostre Associazioni dei familiari (oltre 160 impegnate su tutte le regioni, dal Friuli Venezia Giulia alla Sardegna) cosa fare davanti ad una realtà così difficile e complessa. Abbiamo ascoltato per l’ennesima volta le storie di abbandono, sottovalutazione, prevaricazione, violenza. La drammatica e vergognosa condizione delle persone internate negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dipende dalla colpevole assenza di intervento da parte delle Aziende Sanitarie Locali che non garantiscono adeguati interventi alternativi all’invio in OPG ed è la punta dell’iceberg di una realtà gravissima che non si può tollerare ulteriormente.
Che noi familiari non tollereremo ulteriormente!
Bologna, 17 marzo 2011