foto_senato03Il seminario, organizzato il 27 marzo 2014 alle ore 13:30 a Roma (Sala Zuccari via della Dogana vecchia, 29), dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato presieduta da Emilia Grazia De Biasi, si è aperto con gli interventi del Presidente del Senato Pietro Grasso e del Sindaco di Roma Ignazio Marino.

Durante i lavori sono intervenuti per il comitato stopOPG, tra gli altri: Peppe Dell’Acqua, Federico Scarpa, Girolamo Digilio e don Pippo Insana. Nella tavola rotonda presieduta dalla senatrice De Biasi, con il Vice Ministro della Giustizia Costa, il sottosegretario alla Salute Vito De Filippo e l’Assessore Carlo Lusenti in rappresentanza delle Regioni, è intervenuto per stopOPG Stefano Cecconi.

Siamo ad un bivio decisivo: il primo aprile scadrà il termine fissato dalla legge per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Ma le Regioni, responsabili dell’assistenza sanitaria all’interno delle strutture, non sono ancora pronte nonostante le proroghe già concesse e gli impegni assunti. Si é costretti a negoziare un nuovo rinvio. E’ una situazione paradossale che provoca una grande sofferenza ai mille internati delle sei strutture presenti sul territorio nazionale, definite dallo stesso Presidente della Repubblica Napolitano indegne per un paese civile. Per questo abbiamo rilanciato il nostro impegno e ottenuto un’interlocuzione con il parlamento.

Non è accettabile una proroga senza precisi vincoli: Per prima cosa occorre creare una cabina di regia con le istituzioni, un’autorità in grado di seguire il percorso di superamento degli Opg impedendo nuove proroghe. E’ necessario, come previsto dalle norme e dalle sentenze della Corte Costituzionale, organizzare misure alternative all’internamento e destinare, da subito, almeno metà degli internati a comunità, residenze, strutture protette che garantiscano loro le cure necessarie e che permettano il recupero. Per questo la legge deve “imporre” a tutte le regioni (Asl e Dipartimenti di Salute Mentale) di presentare i progetti terapeutico riabilitativi individuali, per organizzare le dimissioni degli attuali internati e prevenire futuri internamenti. Progetti che permettano alla magistratura di optare per misure alternative. Ci sono le risorse per questa operazione e portarla a termine vuol dire potenziare i servizi di salute mentale nel territorio per tutti i cittadini, non solo per gli internati.

E significa soprattutto restituire al personale sanitario funzioni di cura e non di custodia, che si avrebbero qualora le Regioni insistessero nel costruire al posto degli Opg le REMS, i cosiddetti “mini Opg” regionali. Le Rems devono diventare residuali e comunque la misura di sicurezza deve avere un termine certo, oggi non è così e lo provano “gli ergastoli bianchi”. È possibile fermare tutto questo e invertire la rotta nella direzione della strada segnata da Franco Basaglia, quando Marco Cavallo frantumò il primo muro del manicomio di Trieste.

Sappiamo tutti però che per chiudere definitivamente la stagione dei manicomi, è indispensabile una modifica della legge penale in tema di misure di sicurezza. Senza un intervento sostanziale sul Codice Rocco, che ha dato vita ai manicomi giudiziari, resta aperto il rubinetto che li alimenta. Chi commette un reato deve essere giudicato, scontare una pena se colpevole, e se ha bisogno di cure essere assegnato ad un “luogo” adatto, sapendo bene che né carcere né manicomio sono luoghi di cura.

(dal sito StopOpg, vedi tutti gli approfondimenti)

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