Intervento nella seconda Assemblea Nazionale del ForumSaluteMentale (Camaiore di Lucca, 16-17 dicembre 2004)
«e tu slegalo subito», F.B.
[Questo è un breve appunto di lavoro, in forma schematica di proposizioni fra loro connesse. L’uso del termine «sincerità» è tratto dal linguaggio corrente e non ha pretese di tipo epistemologico né, fin troppo evidentemente, connotazione etica. Esprime scherzosamente l’intenzione, di cui qui tutti siamo portatori, di aprire meglio gli occhi su quello che accade e su quello che facciamo] .
1. Nella descrizione che qui si propone, il Forum Salute Mentale dovrebbe essere considerato come un’aggregazione antropica instabile e provvisoria, prevalentemente protesa all’interpretazione dell’accadere sociale e alle prassi trasformazionali che vi sono unite, una struttura non tradizionale che permette ipotesi diverse sulle qualità del campo e
dunque molteplici varianti di prassi sociale.
1.1. Conseguentemente il Forum Salute Mentale non dovrebbe avere rigidità ideologiche, né filosofie fondamentali: non coincide con alcun movimento del passato, né continua missioni incompiute, ma trascina con sé tutta la responsabilità di appartenere a questo grado epocale e al proprio progetto di mondo (un orizzonte necessariamente «parziale»
nella visione, «di parte» nell’azione).
1.2. La qualità fondamentale di questa struttura fluente sembra essere la continuità attuale fra visione dell’accadere1 e prassi trasformazionale. Senza la protensione trasformazionale, cioè senza la prassi che sistematicamente le appartiene, la visione dell’accadere sociale risulta priva di senso, astorica, menzognera: nessuna buona intenzione nel campo degli accadimenti umani può essere credibile senza che ne conseguano fatti adeguati.2
1.3. Questa modalità di rapporto fra orizzonte/visione dell’accadere e prassi trasformazionali multiple non coincide più con le concezioni antiche del rapporto teoria-prassi che, se trascinate al presente, apparirebbero viziate da unilateralità, schematicità, metafisica.
1.4. Il Forum Salute Mentale sembra appartenere a un insieme mondiale interrelato e contraddittorio di movimenti, gruppi e singoli che hanno in comune fra loro il senso generale di un’angosciata diagnosi sullo svolgimento attuale dell’umanità e dunque la protensione3 a prassi antagonistiche, disorganiche, fra loro incoerenti e spesso contraddittorie, ma mirate tutte – sia singolarmente che complessivamente – alla trasformazione profonda dei rapporti economici, sociali, politici, psicologici, etc., alla pace, all’asserimento ubiquitario dei diritti di cittadinanza, alla fine delle identità forti nazionali, razziali, religiose, etc., al rispetto della natura, alla liberazione dalla guerra, dal fascismo, dalle superstizioni, dalla paura, dalla sofferenza oscura, etc. La specificità della psichiatria va sempre più disperdendosi e attenuandosi.
1.5. Per contro l’impegno nella «cura» della sofferenza detta mentale e nella promozione dei diritti dei sofferenti, degli internati, degli «psichiatrizzati» sembra essere, come nei movimenti di liberazione del secolo scorso o forse ancor di più, un punto centrale, forte, complesso, contraddittorio e necessario nelle scelte campali di oggi.
2. Il tentativo italiano degli anni sessanta-settanta di costruire una democrazia sociale avanzata ha prodotto diverse riforme di grande significato (per noi in primo piano: riforma sanitaria e legge 180), unendo fortemente, come era avvenuto in Cile, il portato dei movimenti di liberazione dell’epoca con le trasformazioni istituzionali più avanzate possibili in un paese capitalistico: esempio rimasto unico nella storia recente d’Europa e oggetto di un immediato contrattacco interno e internazionale.
2.1. In Italia, mutato subito quel clima politico e scatenatosi quel processo di controriforma e di ritrattazione che è tuttora in atto, si fece sempre più difficile realizzare compiutamente il disegno originario (sintesi fra mutamenti istituzionali e prassi liberatorie) e anche, in certi casi, difendere adeguatamente i risultati pratici già conseguiti. La casistica è molto grande e si deve rinviare alle note per un’esemplificazione limitata4. Come sempre la psichiatria è lente d’ingrandimento e specchio deformante.
2.1.1. Per un verso la difesa attiva della Legge 180 e dei connessi mutamenti istituzionali costituisce tuttora una preziosa base di resistenza per poter continuare prassi alternative nel campo della «cura» della sofferenza detta mentale e della psichiatrizzazione addizionale5.
2.1.2. Dall’altro lato la potenza del contrattacco politico, culturale, ideologico e farmaco-industriale ai portati della Legge 180 ha rapidamente prodotto nel nostro paese quella particolare forma di revisionismo pratico di cui si è detto nel primo Forum nazionale (Roma, 16-17 ottobre 2003)6, processo caratterizzato da rinunzia alle pratiche di liberazione che, nel progetto iniziale, erano intimamente legate ai mutamenti istituzionali della Legge 180 (e di successive altre leggi regionali, progetti obiettivi nazionali, etc.).
2.2. Riapparvero qua e là e si fecero sempre più generalizzate, sfacciate e frequenti (o anche riemersero da una precedente semiclandestinità) quelle forme di privazione dei diritti di cittadinanza, di violenza anche grave, di distanziamento, di reclusione, di abbandono, che avevano caratterizzato il manicomio e sulla cui denunzia il Forum ha tanto insistito in questi ultimi tempi. Quello che è più grave è che proprio da quei settori associativi che maggiormente dovrebbero essere impegnati nelle buone pratiche sono venuti esempi agghiaccianti di maltrattamento di massa e di ritorno a una psichiatria di oppressione e di violenza. E per il resto si rinvia ad altre fonti documentali7.
3. Viene ora la domanda decisiva su quale possa essere la «sincerità» che ci si dovrebbe proporre per una prassi complessa e diversificata, come quella che comporta l’adesione programmatica al Forum Salute Mentale.
3.1. La parola stessa è preoccupante: è stata adottata ora da una «parte» del mondo umano una sincerità brutale e imprevista, in primo luogo sulla guerra, sulla morte del diritto internazionale, sulla ritrattazione fattuale della convenzione di Ginevra8.
3.1.1. Ma, allo stesso tempo, questa jattante, prepotente sincerità bellica della tardo-democrazia (o post-democrazia?) è avvolta da una nube di menzogne, di inganni, di finzioni mediatiche, di comunicazioni capovolte che nemmeno ha precedenti nella storia.
3.1.2. Anche le comunicazioni sociali sulla salute mentale, in questo tempo e in questa realtà nazionale, oscillano dalla sincerità brutale di restauratori, di neo-manicomiali e neo-nosografici, di prescrittori e reclamizzatori di psicofarmaci, di intraprese private etc., allo smog semantico e politico di coloro che predicano democraticamente bene e legano i
pazienti, di coloro, fra i politici, che inneggiano a Basaglia e tagliano le risorse per la salute mentale9.
3.1.3. Un appello per la sincerità non può ridursi, come si faceva un tempo, all’invito alla corrispondenza fra enunciati e pratica, fra quello che si dice e quello che realmente si fa, perché la genericità di questa formula ne permette l’uso solo all’interno di un gruppo ristretto di persone che reciprocamente sanno bene quello che l’altro fa, così com’era nei
primi momenti della lotta anti-istituzionale (1962-1973): ma in ambiti più vasti, nazionali, questo tipo di indicazione diventa vaga e non può essere generalizzata, come già s’intuì nel momento della fondazione ufficiale di Psichiatria Democratica nel 1973. Questa difficoltà divenne esplicita e stridente nel primo congresso nazionale dell’associazione (Arezzo 1976) e nelle discussioni che ne seguirono10.
3.1.4. Ed è proprio all’elusione di questo principio, alla mistificazione delle apparenze, alle menzogne delle alternative proclamate che si rivolge la critica di coloro che convengono in questo Forum11. Ma certamente il Forum non può essere una Commissione d’inchiesta sull’attività dei propri iscritti.
3.2. Nasce a questo punto la responsabilità nuova di una pratica che deve inventare non solo se stessa, ma anche il suo modo di rendersi evidente, trasparente, comunicabile al di là dei comunicati formali, esplicita del suo svolgimento, delle sue contraddizioni e della sua indeclinabile provvisorietà: stare nel Forum è esposizione al Forum.
4. A questo punto deve necessariamente arrestarsi questo intervento nel suo proporsi come esposizione di conoscenze qui condivise o qui prevalenti, come tentativo di generalizzazione di comuni intenti fondazionali.
4.1. Il resto che da qui in avanti segue è solo il punto di vista di chi parla, la ristretta esposizione del suo agire (cioè quella del gruppo d’intervento a cui appartiene).
4.2. La conclusione, in base alla scelta di una pratica socializzata, non può darsi come proposta teorica, né come trovata, né come azzeccata invenzione discorsiva, ma solo approssimativamente, come un «guardate, io faccio così e voi? state con noi: il nostro servizio, la nostra struttura, il nostro gruppo informale fa così e voi?».
4.2.1. Nessuno può promuoversi da solo.
4.2.2. Nella convenzione attuale12 del gruppo di lavoro a cui appartiene colui che vi parla13, perché si possa parlare di una pratica verificata (o meglio: corroborata), altri debbono intervenire, altri debbono parlare, altri debbono guardare: e non solo psichiatri, operatori dei servizi o gruppi d’intervento psichiatrico, familiari dei pazienti, ex-pazienti, ma anche gente che lavora nelle tossicodipendenze, nelle carceri, nei manicomi giudiziari, con i migranti, etc. E ancora, sempre nella visione locale di chi vi parla, debbono intervenire nelle sedi di lavoro i movimenti sociali e giovanili, le organizzazioni volontarie, i gruppi informali d’impegno, le componenti sindacali attive, gli studenti e gli specializzandi, la gente comune quando è possibile (come al tempo delle «assemblee di cortile»). E tutti debbono vedere e tutti debbono poter parlare. Sempre nella visione locale del relatore, questo non è impossibile, anzi è facile: in genere basta volerlo per determinarlo.
4.2.3. Se si adotta questa soluzione, ne viene forse un’indicazione migliore: le pratiche di lavoro di coloro che sono nel Forum sono caratterizzate intimamente dalla loro comunicabilità, agibilità, socializzazione, collaborazione con altri. Questo dovrebbe essere peraltro il principio di base generale per una democrazia popolare estesa ed egualitaria, gettata al di là delle angustie, delle rinunzie e dei tradimenti del presente grado epocale.
4.3. Il controllo della nostra prassi come buona pratica dei servizi non appartiene né a noi né alle nostre corporazioni e nemmeno alle nostre associazioni. Appartiene fattualmente a tutti: da questo partimmo e a questo dobbiamo finalmente arrivare.
4.4. Questa indicazione è tratta – punto per punto – dalla pratica di lavoro di chi parla in tutto il suo svolgimento dagli anni sessanta ad ora. In Campania vi sono diverse esperienze aperte e comunicanti. Quelle geograficamente più vicine a chi parla sono ad Aversa (Giovanna Del Giudice) e a Giugliano (Nino Perrino): sono fra le esperienze più «aperte», più partecipate del mondo; altre sono iniziate da poco a Nocera Inferiore, nel Salernitano, in altri luoghi della regione Campania.
5. Noi che siamo qui apparteniamo a questo tempo: non possiamo avere né nostalgie del passato, né comodi pessimismi per il futuro. Probabilmente dovremo affrontare lotte dure: più di quanto avessimo mai immaginato nei decenni luminosi e nei decenni bui del Novecento, quando forse ci illudevamo troppo sull’efficacia di una legge. Ma, nonostante tutto, siamo sempre meno soli nel mondo: indipendentemente dalle nostre scelte politiche esplicite e dalle appartenenze culturali individuali, siamo probabilmente un frammento piccolo e necessario di un movimento grande quanto è grande il pianeta, un movimento
confuso, lacerato, poco consapevole, magmatico, contraddittorio, flagellato da vortici retrogradi, inarrestabile nella sua via verso un futuro diverso, verso l’eguaglianza dei diritti di tutti i cittadini del mondo, verso la fine delle identità forti, verso la pace. Questa appartenenza richiede ora e nel futuro la sincerità delle pratiche autentiche, delle trasformazioni reali, del render apertamente conto agli altri di quello che facciamo.
1 «Attuale» è usato qui nel suo senso proprio di «inerente all’atto». Si preferisce inoltre l’espressione «visione» (dell’accadere, dell’accadere umano, dell’accadere antropico, del mondo), perché molto meno impegnativa di più blasonate formule tipo Weltanschauung, concezione del mondo, etc. Tuttavia anche una «visione dell’accadere umano» deve essere riguardata come un sistema complesso di credenze, di valori e di progetti (cioè un sistema doxico-axio-ideologico). Un simile sistema non può mai comprendere, guardandolo dal di fuori, la totalità di ciò che accade, la complessità fluente dei fatti umani, perché ognuna/o di noi ci è gettata/o dentro. Dunque una «visione dell’accadere umano» non può che essere «parte», cioè – anche e conseguentemente – prassi «di parte».
2 Al presente i movimenti politici della sinistra mondiale sembrano rifiutare – spesso implicitamente – una concezione semplice e lineare del rapporto fra visione dell’accadere umano e pratica conseguente, in ciò differenziandosi dalle diverse filosofie della prassi dei secoli XIX-XXº e dalle politicizzazioni ingenue o mistificate: la considerazione epistemologica fondamentale sembra essere, per questi movimenti, la molteplicità concordante/discordante delle visioni dell’accadere antropico all’interno dello stesso orizzonte generale e l’inevitabile molteplicità coerente/incoerente delle pratiche che vi sono connesse (prendendosi come un esempio, fra moltissimi, di coerenza/incoerenza il rapporto fra aspetti economicopolitici e aspetti ecologici). Da questa coesistenza incoerente non deriva una sintesi, bensì un paradosso in senso logicoformale, ciò che ha in genere capacità di stimolare prassi di più ampia portata attuativa e maggior significato telico cioè di scopo (per il rapporto fra paradossalità formale e complessità delle prassi cfr. Piro S., Diadromica. Epistemologia paradossale transitoria delle scienze dette umane, Idelson, Napoli, 2001).
3 Cioè la «spinta a…», l’«intenzione» trasformazionale pratica»: nella ricerca dell’autore di questa comunicazione, sostituisce sovente i termini «intenzione», «intenzionalità» (Glossario, in Piro S., Introduzione alle antropologie trasformazionali, La Città del Sole, Napoli, 1997).
4 In fugace sintesi: assedio politico, burocratico e mediatico delle esperienze avanzate forti e affondamento paludoso di quelle deboli; nascita rachitica o deforme o «in economia» di nuovi servizi; persecuzione e demonizzazione dei tentativi d’intervento trasformazionale in aree fortemente arretrate e/o dominate dalle collusioni politica-malavita; capovolgimento del senso delle Leggi sulla chiusura dei manicomi trasformate in «affare» per l’istituzione di strutture minori d’internamento; riorganizzazione sfacciata del modello organizzativo medico gerarchizzato come nei manicomi con dovizia di livelli più elevati e mortificazione delle professioni «minori»; imposizione di modelli standardizzati, autoritari e gerarchizzati di formazione; etc.). La casistica è ovviamente molto più ampia, varia da zona a zona, da azienda ad azienda anche all’interno della stessa regione, comprende un’estesa lista di sopraffazioni, abusi, abbandono dell’utenza, indebita collusione con il privato. Il Forum dovrebbe immediatamente costituire una struttura nazionale di raccolta rapida di dati, di anagrafe dei servizi (con particolare riguardo alla qualità), di ricerca sulle linee di tendenza operativa, etc. Dalla prima giornata della seconda Assemblea Nazionale del ForumSaluteMentale sono venute ulteriori segnalazioni, casistiche, dati di ricerca (cfr. intervento Giuseppe Dell’Acqua).
5 Per «psichiatrizzazione addizionale» dovrebbe intendersi una modalità di maltrattamento che consiste non solo nell’eccesso di farmaci, nella reclusione residenziale e nella contenzione fisica, ma anche nell’invalidazione d’immagine, nella negazione di potere contrattuale, nell’indotta dipendenza dai servizi, nell’utilizzazione di metodologie diagnostiche tendenziose e falsanti, nella mancata promozione dell’autonomia personale: relativamente a questo ultimo aspetto cfr. Mancini A., Il paradosso della cura. Al di là dei servizi di salute mentale, Idelson-Gnocchi, Napoli, 2002). Fra «cura della sofferenza» e «psichiatrizzazione» vi è tutta la differenza polare fra le pratiche che hanno come fondamento preliminare il rispetto dei diritti di cittadinanza delle persone sofferenti e quelle che vanno in direzione opposta.
6 Vedi anche in forma più estesa: Piro S., Contributo allo studio del revisionismo psichiatrico italiano dopo il 1981, “L’Ippogrifo. Venticinque anni dopo, ancora”, p. 15, 2003.
7 Chi parla sta preparando, con l’aiuto di studenti dei centri sociali e di ricercatori volontari, una documentazione sulle proteste e sull’«assemblea» E-mail di gruppi giovanili, di aderenti al Social Forum, di associazioni umanitarie, di singoli operatori angosciati o sdegnati nella primavera del 2003, in connessione con un convegno livornese di psichiatri «democratici», duramente criticati per le loro pratiche nei servizi di salute mentale. Questo dibattito, abbenché subito soffocato nei media, è stato una delle molteplici radici fondazionali del Forum Salute Mentale.
8 Da sempre la guerra ha straziato i prigionieri e ha sterminato le popolazioni civili; ma ora lo si dice apertamente e lo si mostra sui teleschermi. Le guerre di un tempo avevano tutte grandi motivi ideali e venivano scatenate in risposta ad aggressioni e minacce del nemico (perfino Hitler dovette inscenare, con la complicità di Otto Skorzény, un falso attacco polacco al territorio tedesco nelle ore che precedettero l’invasione germanica): ma oggi le guerre possono essere scatenate da accuse del tutto infondate, come lo stesso aggressore confermerà ridacchiando qualche mese più tardi. Gli ideali sono esplicitamente sostituiti da petrolio, diamanti, oro e simili, cosa che mai avrebbero ammesso in passato coloro che scatenavano guerre in nome di Dio, Re e Patria (la parola Democrazia viene talora usata in luogo di quelli, ma nessuno ci crede realmente). Del pari è sincero ed esplicito, né diverso potrebbe essere, il costituirsi e rafforzarsi del potere imperiale [in senso diverso da quello di Negri; cfr. Hardt M. a. Negri A., Empire, Harvard College, Harvard, 2000 (trad. ital. di A. Pandolfi: Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Rizzoli, Milano, 2002)].
9 Per una maggiore estensione: «E dovremo denunciare non tanto “l’imbarazzante dissociazione…” ma il progressivo dissolvimento di ogni sensata azione di governo delle politiche per la salute mentale in luoghi emblematici come il Lazio, la Lombardia o la Sicilia (per non elencarne altre), dove si rischia di distruggere letteralmente quanto, in 20 anni, si è cercato faticosamente di costruire: le scelte politiche, i piani sanitari rimandano a forme organizzative che riproducono istituzionalizzazione, frammentano i servizi e, di fatto, impediscono protagonismo, centralità, cittadinanza, integrazione, emancipazione delle persone, dove l’imprenditorialità privata e la cooperazione sociale, in un sistema sregolato, finiscono per completare la disarticolazione dei Servizi pubblici. Molte sono le evidenze, ormai, di come queste scelte tendano sempre più a riproporre l’intervento specialistico psichiatrico ed a separarlo dai problemi contestuali, esistenziali e sociali» (dal Documento programmatico del Secondo Forum nazionale Salute Mentale, Camaiore-Lucca, 16-17 dicembre 2004).
10 Per quanto riguarda i contributi di analisi e proposta di chi Vi parla in quel periodo: Piro S, Morte e resurrezione della psichiatria alternativa italiana, in Onnis L. e Lo Russo G. (a cura di), La ragione degli altri: la psichiatria alternativa in Italia e nel mondo, Savelli, Roma, pp. 161-167, 1979; Repressione e soggettività: nuove forme di lotta e obiettivi pratici, “Fogli d’informazione”, 70, 308, 1980; Psichiatria democratica: crisi e ricerca d’identità, “Fogli d’informazione”, 75/76, 137, 1981.
11 Va a questo proposito ricordata la dettagliata relazione di apertura di Giovanna De Giudice, Presentazione dell’iniziativa Forum Salute Mentale, Primo Forum nazionale Salute Mentale, Roma 16-17 ottobre 2003.
12 Si precisa ancora che «attuale» è usato nel suo senso proprio di «inerente all’atto» (cfr. nota 1).
13 OperativoEsclusioneSofferenza (i cui membri sono ora tutti nel Forum Salute Mentale di Campania); Fondazione Centro Ricerche sulla psichiatria e le scienze umane (nell’ex-manicomio di Nocera Inferiore, messo a profitto per il finanziamento del Servizio dipartimentale di Salute Mentale); Scuola sperimentale antropologico-trasformazionale (Napoli).