bellaLa mattina di giovedì 16 marzo sono a Barcola. Nella stanzetta che chiamiamo dei colloqui e dell’accoglienza sto parlando con la mamma e il papà di una giovane donna in quel momento ospite al Centro. La stanza si trova proprio all’ingresso, la prima sulla destra. Molti ospiti abituali quando arrivano aprono la porta per salutare. Quella mattina sono circa le nove e mezza quando: “Hanno rapito Aldo Moro – urla entrando Paolo Gallotti – le Brigate Rosse hanno rapito Aldo Moro. Cinque morti…”  Faccio un cenno bonario di assenso, conosco da due anni Paolo e il suo delirio. Gli dico: “Va bene, va bene Paolo, aspetta che finisco con questi signori e ne parliamo”. So che posso parlare e aggiungo: “Oggi abbiamo notizie fresche dal KGB…” Non mi permette di scherzare, oggi, e si arrabbia di brutto: “Ma va in mona, ma di cosa cazzo vuoi parlarmi, no go niente da dirte!” Che io ci creda o no, Aldo Moro è stato rapito.

Sabato 13 Maggio 1978 il Parlamento italiano approvò la legge che sarebbe diventata famosa col numero 180. La prima firmataria fu il ministro Tina Anselmi, democristiana, che aveva condotto con autorevolezza i lavori della commissione. Benché il Parlamento stesse vivendo momenti così drammatici, era riuscita a tenere aperta una discussione ampia e a garantire che nella legge trovassero posto gli elementi di cambiamento più avanzati in una cornice di grande respiro etico. La legge che avrebbe chiuso per sempre i manicomi dice nel titolo “Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, quello che semplicemente è: restituzione di diritto, di cittadinanza, di dignità alle persone che hanno la ventura di avere una malattia mentale. Riconoscimento del diritto alla cura, alla salute, nel rispetto della dignità e della libertà della persona. Insomma il legislatore affermò “semplicemente” che l’articolo 32 della Costituzione valeva per tutti, anche per i matti. A maggior ragione per i matti.

La legge, nel decretare la fine dei manicomi, dei ricoveri coatti, spostò l’asse dell’assistenza psichiatrica verso il territorio, verso la costruzione di presidi psichiatrici territoriali extra ospedalieri, sempre più vicino ai luoghi, ai contesti, alle relazioni delle persone.

di Peppe Dell’Acqua

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