salutementaleDi Giorgio Simon

[articolo uscito su quotidianosanita.it]

La salute mentale è qualcosa che ha sempre un posto un po’ marginale nelle aziende sanitarie. Questi operatori che non usano il camice, che si occupano di farmaci ma anche di lavoro, di casa, di socialità, che chiedono di aprire negozi o aziende agricole, che portano i pazienti al cinema o al supermercato sono vissuti spesso con un senso di sopportazione e di fastidio. Un po’ si pensa che non abbiano veramente a che fare con il servizio sanitario fatto di diagnosi, farmaci, ricoveri e terapia.

Non si riescono mai a ricondurre nei parametri usuali: quante visite? Quanti ricoveri? Che degenza media? Che produttività?

In fin dei conti nelle aziende spesso la salute mentale e i suoi operatori sono sottoposti allo stesso stigma cui sono sottoposte le persone con disturbo mentale all’interno della società. Sono strani.

E così la salute mentale sembra essere uscita dall’agenda del nostro paese, al di là della buona volontà di alcune iniziative.

Tutto questo accade mentre tutta la letteratura e le raccomandazioni internazionali sulla cronicità (termine orrendo che suona come una condanna) sostiene che gli interventi efficaci sono quelli che, oltre alle buone cure mediche si basano su due altri pilastri, il protagonismo del cittadino/paziente e dei suoi desideri e il convogliamento della comunità. La salute mentale, dove funziona, lavora esattamente così, mettendo assieme cura e diritti.

Quindi se dovessimo fare qualcosa dovremmo proporre di far contagiare tutto il sistema, ed in particolare le cure primarie, da questo modello. La drammatica sofferenza dei pazienti e delle famiglie che si incontra nella patologia psichiatrica è una sfida per tutti. Impariamo da qui come si può fare.

C’è un secondo tema che la salute mentale pone ed è quello che la letteratura ha definito lo scandalo della mortalità.

Gli studi dicono che le persone che soffrono di disturbi mentali gravi muoiono mediamente dai 15 ai 20 anni prima delle persone della stessa età. E muoiono perché il loro diabete, la loro ipertensione o la loro BPCO sono curate male. Perché sono obesi senza controllo e fumano troppo. Ripeto 15 o 20 anni di meno di vita e con un trend in peggioramento, un’enormità. È tollerabile che questo accada nel Servizio Sanitario Nazionale?

Direi proprio di no. Si può pensare di rimettere in agenda nel nostro Paese, con urgenza, il tema della salute mentale e delle oltre 850mila persone seguite dai servizi?

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