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Presentato lo scorso anno al Salone del Libro di Torino, “All’ombra dei ciliegi giapponesi. Gorizia 1961” è il romanzo di Antonio Slavich edito dalle Edizioni Alpha Beta Verlag. Un racconto autobiografico inedito, testimonianza diretta dei primissimi mesi e anni del lavoro di Basaglia a Gorizia. Il racconto si snoda infatti tra il 1959 ed il 1968, e raccoglie le prime emozioni, le paure, le incertezze e le speranze di due uomini soli che si ritrovano nel manicomio di Gorizia accomunati a un impensabile progetto di cambiamento.
È il 16 novembre 1961 quando Franco Basaglia arriva come direttore del manicomio: Antonio Slavich arriva nello stesso ospedale psichiatrico pochi mesi dopo e si ritrova primo ed unico aiutante del giovane Basaglia.

Il documentario di Erika Rossi “La città che cura” è uscito il 9 maggio in numerose città italiane con lo scopo di comunicare un’esperienza di medicina e di comunità che si è avviata a Trieste e che da anni ha come obiettivo la costruzione di possibilità di cura attorno alle persone ed ai centri periferici. Il modello oggetto del film è raccontato da Giovanna Gallio e Maria Grazia Cogliati Dezza nel libro “La città che cura. Microaree, periferie della salute”, edito Collana 180. Il 22 maggio il film verrà proiettato presso il Cinema Farnese di Roma, a cui seguirà un incontro con Erika Rossi, Maria Grazia Cogliati Dezza, Christian Raimo, Stefano Cecconi, Massimo Magnano e Paolo Ciani.

Da oggi questo spazio viene dedicato alla riproposizione settimanale dei ventuno libri della Collana 180, che ha rappresentato un collante ed un tramite per tutta la nostra rete e di cui il Forum Salute Mentale è tra i promotori.
La Collana 180 sta per compiere il suo decimo anno di età e si organizza per essere presente a Roma alla Conferenza Nazionale con un’offerta speciale.

liberta[Scritto tratto da (Tra parentesi) La vera storia di un’impensabile rivoluzione, spettacolo con Massimo Cirri e Peppe Dell’Acqua, in scena dal 15 al 24 maggio presso il Teatro Rossetti di Trieste]

Nel gennaio 1977 Michele Zanetti e Franco Basaglia annunciano che il magnifico frenocomio dell’imperial regia città di Trieste– si chiamava così quando è nato, sotto l’Austria – finalmente chiude. Poi c’è un’altra accelerazione, una delle tante in questa storia, perché si sta discutendo in Italia della riforma sanitaria e bisognerà affrontare la questione dei manicomi, sono un pezzo della sanità, la salute mentale. E poi bisogna fare ancora più in fretta, perché nella primavera del ‘78 c’è un referendum del Partito Radicale che chiede l’abrogazione della vecchia legge che sostiene il manicomio. Allora c’è il rischio di un vuoto legislativo, bisogna stralciare un pezzo della riforma sanitaria e decidere alla svelta. E non è facile decidere in quei mesi, perché sono i mesi in cui viene rapito Aldo Moro, Primo Ministro, rapito dalle Brigate Rosse, poi viene ucciso il 9 maggio 1978. Il giorno dopo si riunisce la Commissione che deve decidere. Aldo Moro c’entra tantissimo in questa storia. C’entra tragicamente e c’entra anche per la luminosità del suo lavoro.

Un esempio emblematico da discutere alla Conferenza Nazionale Di Anna Poma La Regione Veneto con la delibera 32 del 13 marzo 2019 (vedi) ribadisce la sua radicale distanza da politiche di salute mentale degne di questo nome, insistendo nel riproporre logiche psichiatriche miopi, antiquate e del tutto estranee allo spirito della riforma che nel 1978 ha cancellato i manicomi in Italia e sciolto i dispositivi che misconoscevano, per chi vive un problema di salute mentale, il…

di Paolo F. Peloso Ha fatto molto bene l’editore Alphabeta di Merano a proporre quest’anno nella collana 180 (e dove sennò?) diretta da Peppe Dell’Acqua con consulente Pier Aldo Rovatti il libro postumo di Antonio Slavich All’ombra dei ciliegi giapponesi[i]. Gorizia 1961. Ha fatto bene per tre ragioni. La prima è che, con questo testo, scopriamo come se si trattasse della ricerca della sorgente di un fiume la sorgente prima della Legge 180, la legge che…

di Antonella Barina In Italia ci sono 320 reparti di psichiatria, all’interno di ospedali generici, dove si ricovera chi è in fase di sofferenza acuta. Di questi 320 Servizi psichiatrici di diagnosi e cura, Spdc (si chiamano così), solo una ventina hanno smesso di serrare le porte come nei vecchi manicomi. E solo una trentina – non di più – hanno abolito la contenzione: l’abitudine di legare al letto mani e piedi dei pazienti più…

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di S. Meterc e D. Grisoni

Siamo Silvia e Desirée, ci siamo laureate a dicembre 2017 in Architettura al Politecnico di Torino evi racconteremo il percorso della nostra tesi “Il centro di salute mentale nel sistema psichiatrico. Sperimentare un progetto multidisciplinare”.

Il nostro lavoro tratta di luoghi e di istituzioni, di ambienti e persone legate dalla psichiatria, di muri che sono stati abbattuti e degli spazi che la salute mentale sta conquistando nel territorio. Parliamo di una storia che non si è mai conclusa e che proprio per la sua natura non finirà mai.

L’istituzione e il potere della psichiatria hanno sempre cercato compimento nello spazio progettato. Per questa ragione gli spazi della psichiatria con le loro differenze e le loro mutazioni ricalcano con grande precisione la storia dell’istituzione.

Centri di salute mentale (Csm), presenti mediamente in numero adeguato in tutto il territorio nazionale (1 ogni 80-100mila abitanti) non sono equamente distribuiti. In alcune Regioni, per via delle razionalizzazioni e degli accorpamenti, vanno ulteriormente riducendosi di numero, insistendo su aree estese e popolazioni sempre più numerose. Sono aperti per fasce orarie ridotte. Ad eccezione di alcune realtà regionali, i Csm sono aperti per 8- 12 ore al giorno per 5 giorni alla settimana. Gli interventi di gestione della crisi, di presa in carico individuale, di sostegno alle famiglie e all’abitare, di integrazione sociale, finiscono per essere insufficienti o del tutto assenti. Frequente è la riduzione alle sole visite ambulatoriali (con il ricorso a sterminate liste di attesa) per prevalenti prescrizioni farmacologiche.

di Pietro Pellegrini (*) I fatti di sangue accaduti recentemente in diversi paesi Europei hanno portato alcuni commentatori dei mass media a collegare le condotte criminali e terroristiche ai disturbi mentali. Si tratta di una lettura assai preoccupante che richiede alcune precisazioni. La prima: le persone affette da disturbi mentali, nel loro complesso, non commettono una maggiore percentuale di reati rispetto alla popolazione generale. È assai poco rassicurante ma dobbiamo prendere atto che la gran…