bluLa legge 180 del 1978, cancellando l’impostazione repressiva della psichiatria, ha dato un contributo fondamentale per lo sviluppo della democrazia e delle libertà nel nostro Paese. Ha posto fine a secoli di abusi nei confronti di migliaia di persone obbligate all’internamento nei manicomi, restituendo loro libertà e dignità.

Proprio qui sta il valore centrale della legge 180: nella sua spinta liberatrice e nell’idea di società che include, che accoglie, che soccorre, in cui ogni essere umano ha piena cittadinanza.

Tuttavia sappiamo bene che la riforma Basaglia, pur positiva e ricca di successi, non è ancora stata pienamente applicata: il diritto alla salute mentale non è garantito ancora su tutto il territorio nazionale. Si sono riaperte strutture residenziali molto simili ai vecchi ospedali psichiatrici e spesso sono i farmaci l’unica risposta al bisogno di cura. E gli OPG sono ancora aperti.

Questa situazione di abbandono di chi soffre e delle loro famiglie offre pretesti ai “nostalgici” del manicomio.

E anche a chi, in buona fede, soffre per la mancata applicazione della 180.

Basta pensare ai disegni di legge contro la legge 180 presentati anche quest’anno in parlamento, che abbiamo duramente contrastato.

Ora abbiamo visto che un comitato sta raccogliendo firme per una “Proposta di Legge 181”, che consideriamo un grave errore.

Concordiamo nel giudizio con il Forum Salute Mentale. Si tratta di una proposta, quella della 181, che, al di là delle migliori intenzioni, è pericolosa e fuorviante. Pericolosa perché offre una sponda inaspettata – fuori e dentro al parlamento – a chi in questi anni ha tentato di affossare la 180 con disegni di legge di stampo neomanicomiale (vedi D.d.L. Ciccioli). Fuorviante perché “distrae” e deresponsabilizza tutti coloro (Governo, Regioni, Asl …) che devono applicare la 180 e non lo fanno, o lo fanno poco e male.

Non abbiamo bisogno di una nuova legge, quella che abbiamo è bellissima: il problema è applicarla e applicarla bene. Siamo confortati e confermati in questa posizione dalla Relazione conclusiva della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale (vedi) presieduta dal senatore Marino nella precedente legislatura.

Semmai, sono i tagli al Servizio sanitario e al welfare che aggravano la situazione, indeboliscono per primi i servizi territoriali: dai Dipartimenti di Salute Mentale ai servizi sociali, e producono nuove esclusioni e disagi. Per questo insistiamo con Governo e Regioni: bisogna investire per la salute mentale, garantire 24 ore su 24 la “presa in carico” delle persone e dei loro familiari nei servizi territoriali, con Centri di Salute Mentale accoglienti, visibili, attraversabili e vicini, servizi domiciliari e residenziali e per l’inclusione lavorativa, abitativa e sociale.

Per fare questo non serve un’altra legge, piuttosto aggiornare e finanziare il Progetto obiettivo nazionale (e regionali) per la tutela della salute mentale. E’ importante ricordare che il lavoro di Basaglia è stato “lavoro di gruppo”, e che prosegue: ancora oggi moltissimi operatori, associazioni di cittadini utenti e familiari sono impegnati per affermare il diritto alla salute mentale e a trattamenti sanitari sempre rispettosi della dignità della persona, come afferma la nostra Costituzione. Che è una grande Legge: come la 180, va applicata non cambiata.

p. CGIL nazionale: Stefano Cecconi

p. FP CGIL nazionale: Denise Amerini

2 Comments

  1. giformen

    Ho partecipato negli ultimi anni a diversi momenti sia de”le parole ritrovate”, da cui ha preso corpo l’ipotesi della legge 181, sia del “forum di salute mentale”.
    Nati da contenuti comuni, dal valore della legge 180 allla difesa delle prassi territoriali per far fronte ai rischi di nuove istituzionalizzazioni date dal proliferare inconsulto di strutture di ricovero e residenzialità con un preoccupante peso del privato anche in termini economici.
    Le due iniziative hanno in parte poi seguito strade diverse: il Forum cercando la più ampia partecipazione e condivisione di soggetti politici, del volontariato, delle associazioni in particolare di familiari in un ricco confronto, spesso anche teso, ma sempre costruttivo, richiamando alla loro responsabilità anche e giustamente chi, a livello politico dovrebbero essere in prima istanza e per mandato istituzionale, come i Consigli Regionali, i detentori del dovere di far ben funzionare la tutela della salute mentale.
    Le parole ritrovate agendo soprattutto nella prassi per favorire la partecipazione in prima persona, il protagonismo sociale, a quegli stessi utenti che per troppo tempo sono stati e continuano ad essere oggetti e non soggetti.
    Le parole ritrovate hanno valorizzato un aspetto che fa fatica ad esprimersi, e che nel forum non ha ancora trovato un suo spazio di espressione, quello dello sviluppo e partecipazione delle istanze delle associazioni di utenti: di sicuro ancora acerbe, forse non capaci ancora di indipendenza ed assertività come quelle dei familiari; e forse, come da alcuni suggerito, a rischio di venire inghiottite dall’istituzione stessa.
    Peraltro si è sviluppato un ambito, in cui è un qaspetto rilevante, la formazione di utenti che ne possa permettere una loro partecipazione critica alle scelte dei DSM: quelli che vengono chiamati UFE (utenti familiari esperti) o in altro modo, anche in base ad esperienze internazionali, peer supporter.
    Si può certamente discutere, ed è bene anzi lo si faccia, sulla proposta di Legge: forse inadeguata come legge, forse anche che presta il lato a commenti ironici per specifici contenuti troppo “creativi” per far parte di una legge (il colore delle pareti delle strutture) poco consoni a quella che dovrebbe essere la serietà di un momento legislativo (non dimentichiamoci peraltro che abbiamo di fronte ben altri tipi di poca serietà, come quella di chi pretenderebbe di governarci paragonando un ministro del nostro stato ad un gorilla!!).
    Ma da qui a dire che è “pericolosa perchè offre una sponda inaspettata – fuori e dentro il parlamento – a chi in questi anni ha tentato di affossare la 180 con disegni di legge di stampo neomanicomiale (vedi DDL Ciccioli)” ce ne passa: un discorso è ipotizzare la partecipazione critica degli utenti alle scelte dei DSM, un altro proporre un TSO (anzi un TSRiabilitativo) addirittura senza scadenza!
    Se poi non siamo in grado di spiegare le differenze allora sarebbe meglio che cambiamo mestiere, visto che la relazione e la comunicazione dovrebbero fare parte del nostro bagaglio di conoscenze.
    Luci ed ombre le troviamo dappertutto, non dimentichiamocelo. Quando viene fatto cenno alla relazione della Commissiona Parlamentare presieduta dal senatore Marino, a cui va tutta la mia ammirazione ed il mio rispetto per quello che nel suo mandato ha portato alla luce e per cui è stato anche giustamente premiato con il gravoso incarico di sindaco di Roma, non posso non rilevare con un certo disagio un passaggio sulle norme per la ETC, prassi che non mi pare amata ne da chi partecipa al Forum ne da chi alle Parole Ritrovate. A volte sarebbe meglio tacere che rischiare equivoci.
    Questo per dire che non esistono vangeli nel nostro lavoro. Tralascio di approfondire, perchè non argomento, le proposte della stessa commissione parlamentare in merito agli OPG, dove a fianco della giusta, doverosa ed anche in ritardo chiusura degli OPG si prospetta l’apertura di mini OPG, ipotesi rifiutata più che apertamente da una componente del Forum di Salute Mentale, STOP OPG.
    Credo opportuno, ed invito, ad una serena riflessione prima di creare sciocche divisioni: non dimentichiamoci che la psichiatria nion sta godendo di buona salute, e prima di emettere fatwe sarebbe utile non dimenticarci che è meglio aprire il dialogo più ampio, quello che peraltro Dell’Acqua ha sempre auspicato nei suoi interventi ai Forum.

    GianMaria Formenti
    DSM Como
    iscritto FP CGIL Como
    Vicepresidente NèP (nessuno è perfetto) Associazione mista utenti operatori

    p.s. le referenze non le metto per narcisismo, ma per dire che nella prassi è possibile far convivere esigenze diverse

  2. Giulia Bordi

    Non sono d’accordo con la sua analisi sul Forum Salute Mentale che, nato come “piazza cui dar voce alle persone”, ha tra i suoi principi fondanti proprio la partecipazione di tutti.
    A proposito del protagonismo delle persone con esperienza di disturbo mentale: se non ha mai avuto occasione di partecipare alle edizioni del Convegno Impazzire si può, che è l’incontro nazionale di associazioni e persone con l’esperienza del disagio mentale, che coinvolge cioè diverse realtà nazionali rappresentative proprio del protagonismo degli utenti, la invito a leggere gli articoli e i contributi che sono pubblicati nel Forum.
    Mi permetto di segnalarle in particolare questo link: https://www.news-forumsalutementale.it/per-una-carta-dei-servizi-orientati-alla-recoveryguarigione/, che la rimanda alla bozza della Carta dei servizi orientati alla Recovery, documento che (copio pari pari quello che trova scritto) «è frutto di un lavoro di confronto avvenuto negli ultimi anni all’interno di gruppi trasversali (Gruppo per il Protagonismo “Articolo 32”, Associazione di volontariato “Club Zyp”) cui hanno preso parte le persone con esperienza diretta di recovery/guarigione da un disagio mentale, i familiari, gli operatori e i volontari che operano nel campo della salute mentale».
    Queste esperienze sono testimonianza diretta di vero protagonismo e di vera riflessione critica da parte delle persone che vivono la propria esperienza di disturbo mentale e che hanno il diritto e il dovere di ri-attualizzare i servizi che ogni giorno attraversano, orientandoli alla guarigione. Vedi punto 9 della Carta.
    Ritengo inoltre che non sia corretto mescolare termini e fare generalizzazioni che rischiano di creare confusione. Il peer support, come dice la parola stessa, è il sostegno tra pari ossia “ex utenti” che, nell’ambito di un progetto riabilitativo individualizzato, sono in grado di svolgere un’attività autonoma in collaborazione con i servizi. Esperienza questa che ormai da anni non è più solo internazionale. Vedi punto 6 della Carta.
    Gli “UFE”, oltre ad essere “un prodotto da esportazione” come scritto nel sito del fareassieme, sono gli utenti e familiari esperti “messi dentro il sistema sanitario dalla 181”. Almeno questo è quello che è scritto al punto 3 delle note introduttive della proposta di Legge: …“la ‘181’ mette dentro il sistema sanitario, dentro i Servizi di salute mentale utenti e familiari che hanno fatto un buon percorso di cura, che sono consapevoli del valore della loro esperienza e che quella esperienza sanno trasferirla ad altri utenti e familiari che sono ancora nel disagio. E anche, cosa tutt’altro che secondaria ad operatori scettici o pigri. Li riconosce formalmente e li paga in quanto professionisti del sapere esperienziale. In gergo sono diventati gli UFE (Utenti Familiari Esperti)…
    I familiari e le loro Associazioni hanno diritto (e, dal mio punto di vista, anche il dovere) ad esercitare una posizione di advocacy ed un ruolo di sentinella nei confronti dei servizi per il loro buon funzionamento. Questa posizione confligge con un posto a pagamento all’interno dei servizi (quale potere di critica si può mantenere, in un periodo di crisi economica, una volta che si è stipendiati dal Sistema?), posto che si vuole far assumere per supplire a drammatiche carenze nell’organico.
    Concludo dicendo che sono quindi assolutamente d’accordo con il comunicato della CGIL e ritengo assolutamente vero il grave rischio che questa proposta di Legge potrebbe rappresentare nel momento in cui giungesse in Parlamento, in quanto, per venire approvata, potrebbe essere oggetto di possibili emendamenti o “mercanteggiamenti” tra le varie forze politiche che da anni vogliono la modifica della 180.

    Giulia Bordi

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