pag_004_d“È da qui lo scandalo”. Non usa mezzi termini lo storico Andrew Scull a proposito dell’impatto delle multinazionali del farmaco sulla psichiatria soprattutto a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Lo dice, lo studioso americano, in un articolo pubblicato su The Lancet la settimana scorsa .

Scull ripercorre in due pagine dense di informazioni le principali tappe dell’intreccio fra malattia mentale, scienza psichiatrica e istituzioni, dalla nascita degli ospedali psichiatrici fino ai giorni nostri.

La ricostruzione si chiude con il dito puntato contro l’attuale dominio delle case farmaceutiche, definito, per l’appunto, scandaloso. L’analisi è basata sull’esperienza americana, ma non è difficile trovare analogie con quanto è accaduto in Europa.

Punto di svolta del processo che ha fatto comprendere a Big Pharma le enormi possibilità di profitto legate ai disturbi mentali sono stati il successo del Prozac e l’affermazione della neurobiologia. Eventi che hanno anche modificato drasticamente la comprensione pubblica e le pratiche professionali attorno alla salute mentale.

Scull considera il “decennio del cervello”, proclamato a partire dagli anni ’90 del Novecento da parte dell’Istituto Nazionale di Salute Mentale americano, un esempio di “riduzionismo biologico semplicistico che ha dettato le regole della psichiatria in maniera sempre più crescente. I pazienti e le loro famiglie hanno imparato ad attribuire la malattia mentale a una biochimica del cervello difettosa, a carenza della dopamina o a scarsità della serotonina. […] Nel frattempo, la professione psichiatrica è stata sedotta e il suo silenzio è stato comprato con una grande quantità di soldi per finanziare la ricerca.”

Si tratta di un importante atto di accusa per almeno due motivi. Il primo è che la rivista che ospita la dura requisitoria di Scull è la più autorevole e più diffusa a livello mondiale in neurologia, oncologia e malattie infettive. I suoi papers sono il punto di riferimento per gli operatori della salute impegnati nella cura di molte patologie, incluse quelle del sistema nervoso. I suoi articoli e le sue concise rassegne, come quelle dello studioso americano, hanno ripercussioni nella pratica clinica, suscitano dibattito nella classe medica, tra i commentatori e nell’opinione pubblica.

Il secondo motivo è che l’analisi è stata fornita da uno dei massimi storici della psichiatria in circolazione. David Scull è da quarant’anni impegnato in questo campo. La sua ricerca attraversa due secoli di rapporti tra istituzioni, medicina e malattia mentale.

La conclusione del suo percorso professionale è amara. Scull ci fa comprendere come la conoscenza psichiatrica è, a suo dire, quasi del tutto controllata dai soldi delle farmaceutiche.

I modi di condizionamento sono diversi e la presenza di Big Pharma è pervasiva. Le aziende del farmaco si introducono nelle conferenze degli psichiatri, nelle riviste specializzate, regolano le carriere universitarie, reclutano ghostwriters disposti a scrivere articoli su prestigiose riviste internazionali a patto di non rivelare dati sconvenienti. Ogni tanto qualcuno si ribella. Ogni tanto bisogna pagare i danni, come quando, secondo una pratica più diffusa negli Stati Uniti che in Europa, partono azioni collettive da parte di cittadini in grado di svelare pubblicamente omissioni e risultati poco graditi. Ma si tratta di armi spuntate secondo Scull, poiché i guadagni sono immensamente superiori ai costi legati a questi inconvenienti.

“Per uno storico della psichiatria”, conclude lo studioso americano nel suo articolo, “vivere in questi tempi rivoluzionari è davvero notevole”.

di Nico Pitrelli

(A. Scull, A Psychiatric Revolution, The Lancet, Volume 375, Issue 9722, Pages 1246 – 1247, 10 April 2010, disponibile all’indirizzo web http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140673610605326/fulltext?rss=yes)

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