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Contenzione

di Girolamo Digilio. ” .. La contenzione meccanica (legare il paziente al letto o comunque immobilizzarlo mediante camicie di forza, vari tipi di fasce o “fascette”, catene, manette, ecc. ) delle persone con sofferenza mentale rappresenta una grave limitazione della libertà personale che era praticata largamente negli Ospedali Psichiatrici e costituiva praticamente l’unico strumento di “cura” attuato perlopiù con intenti punitivi e di demolizione della personalità “perversa” del paziente. Purtroppo anche oggi è praticata troppo diffusamente, soprattutto nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), ma anche nelle strutture che ospitano persone anziane e/o non autosufficienti. La contenzione non è un atto medico, non ha alcuna valenza terapeutica ..”

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(un testimone) Dice d’essersi prima ammalato di bronchite perché stava in una stanza umida e poi lo hanno trasferito nella stanza dov’era ricoverato Mastrogiovanni. Continua la sua deposizione: «Mi hanno legato senza dirmelo, ed è stato il dott. Di Genio a disporre la mia contenzione, come poi mi ha detto il dott. Mazza, ch’era del mio paese. Ero legato solo alle mani e sono stato legato per due notti e un giorno. Ho pensato che la contenzione fosse dovuta al fatto di non farmi cadere dal letto, ma non potevo né girarmi, né sedermi sul letto. Ero completamente immobilizzato. Gli infermieri e i medici passavano raramente. Nel mio letto gridavo che avevo sete, dopo aver gridato a lungo è venuto un infermiere piccolino a portarmi meno di mezzo bicchiere d’acqua, assolutamente insufficiente in quei giorni di grande caldo. E così vedendo vicino al mio letto un tavolo con una bottiglia d’acqua sopra sono riuscito ad avvicinarlo tirandolo con un piede e sono riuscito a bere facendo cadere la bottiglia acchiappandola con la bocca e così placai la mia arsura.