Attualmente in Italia ci sono circa 1.500 persone non imputabili perché giudicate incapaci di intendere e di volere al momento in cui hanno compiuto un reato, che sono internate nei 6 OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) italiani e lasciate nella maggioranza delle strutture prive di cure adeguate e nella sporcizia, nel degrado,.

Domenica 20 marzo scorso il programma di RAI 3 “Presa diretta” di Riccardo Iacona ha mandato in onda le terribili immagini che la Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino ha girato l’estate del 2010 nel corso della sua visita negli OPG italiani. Le telecamere avevano seguito il lavoro dei parlamentari.

Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono stati sempre gestiti dall’amministrazione penitenziaria e al loro interno vigono i regolamenti carcerari, quelli degli Istituti di prevenzione e pena.

Il tema del superamento degli OPG ha accompagnato il percorso della riforma dell’assistenza psichiatrica “civile”, ma ha sempre incontrato enormi difficoltà perché la loro istituzione e legittimazione derivano dal Codice penale in vigore. Questo significa che per eliminarli occorre modificare il Codice penale negli articoli che riguardano l’imputabilità, la misura di sicurezza, il ricovero in OPG, questioni assai complesse di alta e sofisticata qualità giuridica, squisitamente politiche e non certamente di competenza e responsabilità della psichiatria, e nemmeno dell’amministrazione penitenziaria, anche se sia l’amministrazione penitenziaria che la psichiatria possono/devono fare cose importanti per migliorare la situazione dell’assistenza e della qualità della vita quotidiana negli istituti.

A partire dal 1999, quando la sanità penitenziaria è stata trasferita alle Regioni (in quanto titolari del servizio sanitario), si è posto il problema di un superamento degli OPG che attivasse il massimo coinvolgimento del Dipartimenti di salute mentale. Il Decreto presidenziale 1 aprile 2008, ultimo atto del secondo governo Prodi, ha indicato la via da seguire: la responsabilizzazione delle Regioni.

Il ministro della salute Ferruccio Fazio, ha in questi giorni parlato di 3 fasi di lavoro: nella prima fase, già avviata, la responsabilità degli OPG sarebbe stata assunta interamente dalle Regioni in cui gli istituti hanno sede; contestualmente, i dipartimenti di salute mentale di competenza dovrebbero lavorare ad un programma per le dimissioni degli internati e il ritorno nel carcere di provenienza di quelli che hanno accusato disturbi psichici durante l’esecuzione della pena. La seconda fase prevede la distribuzione degli internati in modo che ogni OPG si possa configurare come sede e territorio per il ricovero di internati provenienti dalle regioni limitrofe. La terza fase è legata agli investimenti e alla disponibilità di risorse finanziarie: sarebbero stati stanziati finora 5 milioni di euro dal ministero della Salute e 10 milioni dal ministero della Giustizia. Un’apposita commissione si sta occupando dei tempi di trasferimento di 300 persone ingiustamente ancora internate, perché il cambiamento deve essere graduale.

La Commissione Marino si è inserita in questo lavoro, segnalando che ci sono 376 cittadini internati da subito “dimissibili”, perché riconosciuti non più socialmente pericolosi, di cui 65 di recente dimessi, che potrebbero/ dovrebbero da subito uscire purché si trovino sistemazioni adeguate per ciascuno di loro. È stata data una fortissima accelerazione a questo percorso anche perché tutta la Commissione senatoriale presieduta da Ignazio Marino si è mossa all’unanimità e con grande determinazione.

In questo contesto, la Regione Lombardia, che ha il massimo numero di presenze di propri cittadini è oggi impegnata a realizzare la dimissione di 50 internati lombardi dagli OPG italiani.

Va tuttavia segnalato che La popolazione negli opg italiani, invece di diminuire, sta crescendo (la media annua è passata da 1200 a 1500/1600 persone internate), in conseguenza soprattutto della sentenza 9163/2005 della Corte di Cassazione che ha esteso l’incapacità di intendere e di volere a persone autrici di reato con diagnosi di “disturbo di personalità”, interpretando il concetto di “infermità mentale” in modo più ampio di quello di “malattia mentale”. Nella giusta e doverosa campagna in corso per il superamento degli OPG, bisogna quindi tenere presente che la definitiva chiusura potrà esserci solo dopo la riforma del Codice Penale, perché a Codice invariato ci saranno sempre magistrati, avvocati, periti che continueranno a ritenere utile l’internamento in OPG.

Per questo bisogna mantenere l’iniziativa nei confronti della politica e del Parlamento perché la questione della riforma del Codice Penale in tema di imputabilità e misura di sicurezza sia finalmente discussa e risolta alla radice seriamente; un contributo efficace al riguardo potrebbe essere dato dalla presentazione di una apposita proposta di legge. Inoltre appare opportuno concentrare i riflettori sulla denuncia e il monitoraggio della pesante condizione complessiva della sanità penitenziaria (e dei servizi di salute mentale in particolare), richiamando le Regioni, il Ministero della salute e quello delle Giustizia alle loro grandi responsabilità.

Forum salute mentale Lombardia

Milano, 25 marzo 2011

 

30.03.011 AIPSI med

(Di Giovanni Tamburino *, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma) La mia posizione sugli Opg rimane quella ricavabile dagli esiti della ricerca sugli Opg (pubblicata con il titolo “Anatomia degli Opg” nel 2003) che ho voluta quando ero all’Ufficio Studi del Dap, curata dal prof. Andreoli e fondata su un metodo di rilevamento che ha visto, per la prima volta, l’accesso di giovani ricercatori, molto motivati, in ogni istituto per esaminare una per una le posizioni degli allora 1.200 internati.

Ecco in sintesi estrema le mie idee: a) non si può fare a meno, ancora, per determinati casi, di una struttura chiusa; b) la struttura modello deve essere del tipo Castiglione delle Stiviere anche se i costi economici di tale struttura e la durata media dei ricoveri sono maggiori; c) è opportuno che gli Opg siano di piccole dimensioni (massimo 100 pazienti-internati); d) è opportuna una territorialità, ossia una dislocazione maggiore sul territorio, oggi mancante, con ricadute negative.

Sono convinto – e del resto emerge dalla ricerca citata sopra – che almeno il 30% degli attuali internati potrebbero uscire, se esistessero modalità e condizioni adatte per assisterli all’esterno. Ricordo il caso di un internato che si trovava ad Aversa da oltre 50 anni. Più di qualunque condannato all’ergastolo. Ebbene, il Dap (e non solo per altruismo …) tentava in tutti i modi di farlo uscire. Fu difficile. Nessuno lo voleva. Lui stesso, divenuto ormai anziano, si barricava in camera per non andarsene. Questa è la vita umana. Anche questa.

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