(Vignetta di Riccardo Marassi)
(Vignetta di Riccardo Marassi)

di Lorenza Magliano (*)

Dunque, tutto è cominciato nel 2010, quando ho organizzato una lezione facoltativa, ADE (Attività Didattica Elettiva) sugli studi di efficacia in psichiatria e la messa a punto degli strumenti di valutazione.

Le ADE sono lezioni facoltative, formalizzate con camicia d’esame. Gli studenti scelgono quali frequentare e acquisiscono un certo numero di crediti che si sommano agli esami e consentono di conseguire la laurea.

Insomma, organizzo l’ADE e stranamente arrivano 34 studenti, mi pare un bel risultato, così prima di iniziare propongo ai partecipanti di compilare un questionario sulle loro opinioni riguardo alle persone con disturbi mentali, perchè non si ha mai il tempo di sapere, i futuri medici cosa pensano di questi argomenti.

Gli studenti accettano e, visto l’interesse, rilancio proponendo loro, ma così, quasi per dire, di organizzare un gruppo di lavoro per ragionare assieme su questi temi.

Poi se il gruppo produrrà qualcosa, aggiungo, si potrà fare un primo lavoro per le Giornate Scientifiche di Ateneo (GSA), tutti assieme.

La lezione finisce e restano in 7, a dire “noi ci siamo”.

Così, con questi , cominciamo a vederci nella mia stanza S31 del bellissimo chiostro di Sant’Andrea, dove lavoro ora.

Ragiona, dibatti, ripensa, discuti, il gruppo si organizza, intensi pomeriggi e prime sere…”Prof. e se estendessimo a tutti questo sondaggio? “.. ma sì, si può fare…scrivo a tutti i miei colleghi delle diverse discipline impegnati nelle ADE nei successivi due mesi (si era quasi in estate), e tutti, tranne uno, accettano di aiutarci.

I ragazzi del gruppo vanno nelle aule alla fine delle ADE di chirurgia, di cardiologia e di tante altre discipline, presentano l’indagine ai loro colleghi chiedendo loro di compilare il questionario…intanto nei pomeriggi di lavoro imparano velocemente a usare i programmi di statistica…”Ragazzi con la statistica si è aperto un mondo!”, afferma al microfono Melania qualche tempo dopo, presentando ai suoi colleghi, i risultati preliminari dell’indagine…

Insomma, raccogliamo questionari su circa 200 studenti del 5 e 6 anno, interpretiamo i dati, facciamo ipotesi aggiuntive, cominciamo a discutere su cosa fare del lavoro…”un poster! facciamo il poster per le giornate scientifiche di ateneo!”

Ecco la prima uscita ufficiale del nostro “laboratorio aperto di medicina (lam31) ” come poi decideremo di chiamarci, un bel poster “giallo calda estate” come lo chiama Alessandra, esposto nel chiostro, tra un gruppetto orgoglioso di studenti che, va detto, non vogliono tutti fare gli psichiatri, ma tutti, e questo è certo, sono interessati alle persone e al loro rapporto con la salute e la malattia.

Nel frattempo una ragazza, Sonia, si laurea in riabilitazione (andrà poi a lavorare a Reggio Emilia) e due decidono di concentrarsi sui loro studi e di proseguire il loro internato esclusivo al dipartimento di psichiatria.

Noi però continuiamo e decidiamo di valorizzare il nostro lavoro scrivendo un articolo scientifico.

Ma come si scrive un articolo scientifico? Breve spiegazione mia e poi si parte. Ognuno fa quel che può – e fa moltissimo – e quel che non può non fa, come avrebbe detto anni prima il maestro Manzi.

Coinvolgiamo anche John Read, con cui da qualche tempo lavoro a distanza, “from the other side of the world”, come a volte ci scriviamo, mentre, troppo tardi o troppo presto, ragioniamo assieme da Auckland, Nuova Zelanda, terra di Maori, a Napoli, Italia del sud, terra di molte soluzioni.

L’articolo, secondo noi , viene proprio bene, centrato com’è sull’effetto del modello causale biogenetico e sull’etichetta diagnostica sul modo di vedere la schizofrenia nei futuri medici.

Ci sorprende che l’ereditarietà sia la causa più spesso citata dagli studenti alla base di questo disturbo, seguita poi dallo stress, e che la possibilità di stare di nuovo bene sia accettata solo dal 24% degli studenti; ancora di più ci stupisce che l’attribuzione dell’etichetta diagnostica di schizofrenia e l’identificazione dell’ereditarietà tra le cause, siano così fortemente associate al pessimismo sulla possibilità di guarigione e alla percezione di una maggiore distanza sociale nei confronti delle persone con questa diagnosi.

Troviamo pure che l’ereditarietà risultava associata a una più forte percezione di imprevedibilità, attribuita alle persone con la schizofrenia.

“Ah!” abbiamo detto ” E qui che si fa?”

Decisione a maggioranza: conta di più far conoscere questo lavoro ai Presidi delle Facoltà di Medicina, o lanciarlo in rete, aperto a tutti? Conteniamo lo spirito da movimento che ci anima (la mia frase che fa da freno è “Qui non siamo a porto Alegre!”) e decidiamo di puntare alto (“Se va male.. guai a chi ne fa un dramma!”) e inviamo il lavoro alla più prestigiosa rivista di medicina universitaria americana; Academic Medicine.

Stabiliamo anche di ripetere l’indagine tra gli studenti del primo anno chiedendoci se il modello causale degli studenti sulla schizofrenia si modifichi nel corso dell’apprendimento della medicina e se, l’acquisizione di competenze diagnostiche e terapeutiche si associ a cambiamenti nel modo di vedere le persone affette da questo disturbo.

Ma di questo non dico ora, solo anticipo che il fatto che gli studenti del primo anno dessero più rilevanza ai traumi e ai fattori psicosociali come cause della schizofrenia e tendessero all’inclusione sociale delle persone con questo disturbo molto ma molto di più degli studenti del quinto e sesto anno (in maniera statisticamente significativa) i quali restavano scettici sulla possibilità di guarigione…ecco proprio ci disturbava.

Dunque conteniamo le critiche “alle psichiatrie” e ci chiediamo: “cosa possiamo fare noi?”

Lo avevamo già dichiarato nella discussione del lavoro inviato ad Academic Medicine: sensibilizzazione, confronto tra pregiudizi e dati di letteratura, conoscenza dell’esperienza di guarigione delle persone che hanno, o hanno avuto, un problema di salute mentale, i media, nel bene e nel male….

Decidiamo di metterci in gioco per davvero e di proporre un’ADE su questi temi.

Nel frattempo l’articolo viene valutato positivamente; 33 modifiche da fare su richiesta dei referees, rivoltato come un calzino ma alla fine accettato. L’interesse della rivista è alto, tanto che ci invitano anche a fare l’ultima di copertina sull’assistenza psichiatrica in Italia, cosa che rimandiamo “alla prossima puntata”, quando avremo pronti i dati sul cambiamento che, poi lo proveremo, segnano il passaggio dall’ottimismo del medico futuro al primo anno, alla competenza, forse troppo tecnica, con cui si avvicina ad esercitare la professione ormai prossimo alla laurea.

E poi?

Viene il momento di programmare le ADE per l’anno in corso, i ragazzi premono, così cominciamo a immaginare, tenendo conto dei nostri dati, che lezione si possa fare.

Nel frattempo un’altra ragazza del gruppo, Nicoletta, si laurea in medicina con una tesi proprio basata sul lavoro fatto con gli studenti del 5/6 anno, tesi inusuale, un meritato 110.

Torniamo al “Che possiamo fare noi?” Pomeriggi a ragionare insieme e per conto nostro, poi collegati la sera via skype, finalmente decidiamo la scaletta…meccanismi generali…stigma e disturbi mentali….stigma e schizofrenia….stigma in ambito sanitario. Poi, per ciascuna parte, uno spot o una vignetta, i meccanismi e i dati di letteratura, l’esperienza delle persone, il dibattito.

Chiedo a Madia, a Lia, a Giovanna, ad Alice di registrare le loro esperienze (di discriminazione, di guarigione, di vita) e accettano convinte. Le prime volte che ascoltiamo la lettera di Madia, più di uno di noi ha gli occhi lucidi, ci commuoviamo e ridiamo con la “Gravipanza” di Alice, restiamo silenziosi e rispettosi del lungo racconto di Lia, ascoltiamo la descrizione più poetica di Giovanna e dei suoi giorni di luce alternati a quelli bui. 

Impariamo moltissimo. 

Poi montiamo il tutto come uno spettacolo teatrale, ci aggiungiamo la musica degli spot, i video (uno addirittura lo sottotitoliamo in casa) e decidiamo di misurare se davvero tutto questo serva a modificare, almeno un poco, i pregiudizi sull’imprevedibilità e l’incurabilità della schizofrenia. Dunque questionario pre e post, mentre intanto si aggiungono al gruppo Federica, futura psicologa, e Maria, futura riabilitatrice, e anche Antonella, psicologa che già lavora con noi sulle distrofie comincia ad incuriosirsi e si lascia prendere dalla cosa. 

Apriamo le prenotazioni, online. A ciascuno studente rispondo con una lettera e lo ringrazio per l’interesse chiedendo di arrivare dieci minuti prima il 22; tempo una settimana, 100 prenotati. Arriviamo a quasi 200 “Se continua così chiediamo il San Paolo, altro che l’aula magna!” dice Antonio. 

Lunedi 21 rivediamo il tutto, fotocopie pronte, microfoni che funzionano…alle nove di sera mi chiama Melania chiedendo di vederci un’ora prima il 22 (giorno della lezione), perché del gruppo, data anche l’età, sono la meno capace con l’elettronica e sono scettici sulla mia capacità di montare il tutto e andare in aula… 

22 Novembre. Altro che quarto d’ora accademico! Alle tre siamo già tutti pronti e si parte. 

Spot, primo invito ad intervenire…due sole domande da un’aula gremita….120 studenti per un’ADE non si erano mia visti! La crisi della psichiatria?! 

Introduco stereotipi, pregiudizi e discriminazioni…mi aiuto con il dizionario Treccani e cito un piccolo brano di Sciascia, poi media e disturbi mentali…Alessandra ha prestato la sua voce a Madia Marangi, la sua lettera al direttore del tg2, riempie in un silenzio assoluto l’aula….finisce…silenzio….domande….ci facciamo dare un secondo microfono e inizia un’assemblea sentita e partecipe….continuiamo….stigma in ambito sanitario….Alice…domande, tantissime…viene fuori la difficoltà di non sapere come comportarsi con le persone con disturbi mentali, la confusione tra nozioni e comportamenti, si parla anche di OPG, si approfitta per fare domande anche su altro, piano piano l’atmosfera diventa veramente accesa…chiudiamo alle sei, soddisfatti come non mai…torneranno numerosi venerdì per la seconda parte? 

Venerdì 25. L’obiettivo e correggere punto per punto i pregiudizi con le evidenze…gli studi inglesi su omicidi e schizofrenia, il video della BBC schizo….le vignette di marassi….l’OPG….gli Odds Ratio….cosa saranno mai?…insisto a che ognuno del gruppo abbia la sua parte nella presentazione…Antonio spiega gli Odds Ratio usando le fotografie di Hamisk e Lavezzi e le partite del grande Napoli, perché gli Odds si usano nei pronostici e nelle scommesse.

Antonio dice di non essersi preparato ma invece arriva con gli appunti e spiega ai colleghi.

“… ma allora l’Odds tra schizofrenia e pericolosità non è tanto grandicello!” Obietta Giuseppe dal pubblico…”e quello tra uso di sostanze e pericolosità, quasi 8! Lo è molto di più”….e i rom…e gli studi che evidenziano come con il furto dei bambini non c’entrino nulla. 

Passiamo a guarigione, dalla parte dei clinici, che pure avranno le loro buone ragioni, e degli utenti, che lo sapranno bene, loro, cos’è guarigione….la storia di Lia, tante domande, tantissimi confronti…corriamo col microfono nell’aula piena e attenta…non vola una mosca…”quanto tempo bisogna stare bene per dirsi guariti?” e i modelli a confronto, e le diverse guarigioni possibili.

 “Ma lo psicologo cosa fa?” qualcuno ci chiede “ Dà significato alle storie”, precisa Antonella. 

Riprendiamo i punti importanti e ci avviamo alla fine…Melania introduce il concorso “storie di guarigione” e invita i colleghi a collaborare…si imbarazza all’inizio (“non è ansia, è paura” dirà poi)…i partecipanti se ne accorgono, le fanno un applauso garbato…Melania si riprende e continua alla grande…domande, ancora….parte il video finale con Glen Close che chiede da una stazione gremita di cambiare il modo di vedere i disturbi mentali e sottolinea quanto siano frequenti, bella musica…applauso in aula….

 E poi? Questionario finale…ancora un sacco di domande, siamo tutti contenti e non solo per i complimenti che i ragazzi vengono a farci…alcuni si prenotano “a fiducia” per eventuali altre ADE che faremo…le preiscrizioni! Un ragazzo riassume tutto e mi chiede “allora, se le chiedo la tesi, me la dà?”.Fuori dal chiostro sono almeno le 18.30, gli studenti, molti sono ancora lì a parlare, uno viene da noi, ci stringe la mano e ci dice “grazie”, “è stato bello”. Torniamo nella mia stanza la s31, dove abbiamo il nostro lam31, per strada propongo di trattare tra i prossimi temi, il fine vita…”Perché siamo un laboratorio aperto” aggiungo “Aperto?!” obietta Melania…no…”Siamo un laboratorio spalancato!!!!”….. 

Ci fermiamo un attimo nel mio studio “Ah! dice Alessandra, mi pare di essere a casa ad entrare qui dentro” 

Nicoletta, che ha sbirciato i questionari, a mezza voce ci incuriosisce anticipando “Ci sono certe risposte…” 

Torno stremata a casa e trovo nella posta una lettera di uno studente “Grazie, e complimenti per l’interesse che siete riusciti a suscitare in me! Non vedo l’ora che facciate la prossima ADE!”

Questo il racconto, confuso, della nostra lezione. Ora c’è da capire, passata la stanchezza bella e soddisfatta che ci ha preso, quanto e cosa sia cambiato dopo i tanti stimoli messi in gioco…però ecco io credo, noi crediamo, che potrebbe essere utile ripetere questa esperienza con studenti di altre Facoltà.

Che, insomma, si possa fare e bene.

Lorenza Magliano, professore associato psichiatria, Facoltà Medicina, Seconda Università di Napoli

I Lam31:

  • sonia rega
  • alessandra sagliocchi
  • melania patalano
  • antonio d’ambrosio
  • nicoletta oliviero
  • dolores celona
  • lorella guariniello
  • federica campitiello
  • maria bruni
  • lorenzo guizzaro
  • ferdinando cerato
  • antonella zaccaro

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