Di Peppe Dell’Acqua

Condivido la riflessione di Luigi Benevelli (vedi). I rischi che stiamo correndo in ordine alla rincorsa alle neuroscienze, alle psicofarmacologie, alla clinica che la SIP sembra fare, appaiono sempre più evidenti e pericolosi.

Luigi Benevelli pensa che sia arrivato il momento di un confronto. Quanto meno per chiarire e ridefinire distanze e vicinanze aldilà di luoghi comuni e banali, di reciproci pregiudizi.

Più volte, in via del tutto amichevole, ne ho parlato con Luigi Ferranini trovandolo “amichevolmente” d’accordo. Ma chi sa come questo può essere fatto ufficialmente con la SIP!

Penso che bisogna riprovarci. Mi aspetto, su questa proposta di Benevelli, commenti, indicazioni, strategie da parte degli aderenti al Forum. E’ evidente che organizzare un simile confronto merita prima una qualche forma di consultazione tra i frequentatori di questa piazza.

2 Comments

  1. L’articolo di Benevelli e la critica svolta nei confronti della Sip mette in evidenza molte delle problematiche che ci si trova a vivere nel lavoro che svolgo in un Spdc

    L’Spdc (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) è il luogo del trattamento sanitario dove l’intervento medico – farmacologico è preponderante e il paziente viene disenserito da tutto il suo contesto di vita.

    Anche se il mio è un punto di osservazione piccolo e parziale , quello che mi appare mancare nel mio lavoro è un insieme di pratiche volte ad accettare la sofferenza, condividerla con il paziente, trovare modi e strategie per dare un senso alla persona durante il suo ricovero, dare certezze positive su quello che noi siamo come operatori, dare un senso di continuità attraverso la fiducia, la stima e la consapevolezza del suo percorso che va oltre la degenza.

    Se dovessi pensare a cosa potrebbe significare nel mio servizio “rigorose procedure di tipo diagnostiche terapeutiche ” così come descritte nel documento della Sip forse vi sarebbe una più oculata prescrizione di farmaci, forse qualche colloqio medico in più, ma questo non andrebbe ad intaccare quello che “manca” e che spesso gli stessi pazienti rilevano .

    Tecnicismo e delega attraverso il farmaco ( ma almeno si è capito quanti e quali sono i limiti dell’intervento farmacologico?) non sono la cura giusta.

    Lorenzo

  2. marcuses

    L’indignazione ha lasciato il posto alla tristezza : questo è quello che ho provato o meglio vissuto nelle 24 ore successive alla presa visione degli articoli , commenti , pareri ecc. , di cui sopra .
    Sono sostanzialmente un “restituito ” , uno di quelli che ce l’ha fatta ad affrontare un percorso lungo e tortuoso come quello della sofferenza mentale .
    Quello che mi ha aiutato è stato riflettere e capire che non era un dramma o chissà quale tragedia per la mia famiglia ma soltanto un momento difficile che per qualsiasi cittadino non dovrebbe rappresentare uno scoglio insormontabile perchè portatore oltre che di diritti umani inalienabili , di diritti costituzionali anelanti al rispetto della dignità della persona .
    Insomma il contesto sociale tutto sarebbe stato il traino che mi avrebbe condotto fuori dal difficile tunnel , le istituzioni si sarebbero fatto carico delle mia difficoltà favorendo il miglior adattamento sociale possibile . In sintesi ne avevamo di che godere io e la mia famiglia stavamo per toccare con mano il potere terapeutico del contesto sociale , avremmo scoperto che la vita o l’esistenza non era fatta solamente di quello che avviene tra le mura domestiche o nella ristretta cerchia delle conoscenze o dei luoghi di frequentazione ma di solidarietà e condivisione . Beh …più o meno è andata proprio così . Non auguro di certo a nessuno il dolore e la difficoltà sperimentati nel difficile cammino ma noi ( io e la mia famiglia ) crediamo che l’esperienza ci abbia arricchito , dato tanto e in questo periodo che ci stiamo ritrovando ( perchè spesso il percorso verso la guarigione necessita di barriere emotive tanto più spesse tanto più è forte il legame affettivo )ogni occasione di incontro è momento di grande serenità e gioia interiore .
    Ma , per entrate nel vivo della trattazione , non è filato tutto liscio .
    Ho subito un ricovero che ad oggi è l’esperieenza più terribile della mia vita , peggiore del TSO precedente .
    Dopo circa un mese che frequentavo il CSM territoriale mi hanno proposto un ricovero adducendo come motivazione che era necessario in quanto quei giorni non ero andato al lavoro . Inesperti e perplessi io e la mia famiglia ci siamo affidati . Clinica psichiatrica convenzionata 1 mese di ricovero , la prima settimana non ho fatto altro che dormire stracarico di farmaci nonostante non abbia mai rappresentato un pericolo nè per me nè per altri . Ho provato a chiedere spiegazioni ma niente , quello era il trattamento e basta . Per non parlare delle improvvise ispezioni notturne di medici e infermieri ( ancora mi sto chiedendo cosa cercassero o volessero ).
    Ma la cosa che più ha motivato le mie scelte future sono stati gli occhi e lo sguardo di mia madre al risveglio da quella terribile settimana di sonno . Mi dicevano tutto questo non è giusto , non lo meriti , non lo meritiamo , non lo merita nessuno . Per le restanti tre settimane mi son volutamente sottomesso a quel potere tecnico – istituzionale : l’obiettivo era uscire il prima possibile e scappare via lontano da quelle pratiche disumane .
    Dopo un lustro son tornato a rivolgermi ai servizi di salute mentale mettendo a repentaglio la mia salute e tutto il mio equilibrio familiare e cosa ben più grave nessuno m’ha cercato o si è preoccupato del mio stato di salute .
    Per fortuna la seconda esperienza è stata totalmente diversa e oggi eccomi qua a voler sostanzialmente sottolineare quanto segue :
    1)Al momento dei ricoveri o dei TSO non ho visto la mia famiglia distesa e alleggerita dal carico di preoccupazione , tanto meno mi ci sono sentito io .
    2)Non ritengo possa essere terapeutica qualunque forma di isolamento sociale o reclusione .
    3)Se non fosse fuggito dalla prima esperienza oggi sarei istituzionalizzato ancora a carico dei contribuenti vedi SSN.Invece oggi sono un lavoratore che contribuisce al benessere comune e che sta restituendo , con gli interessi , all’erario tutte le spese sostenute per il mio reinserimento .
    4)Se la controriforma psichiatrica si concretasse in un maggior potere allo psichiatra di turno e in un aumento dell’ istituzionalizzazione in nome di pseudo logiche economiche o di bilancio per mezzo , oltretutto , della strumentalizzazione del dolore dei famigliari sarebbe proprio un disastro…e allora io non sarei indignato ma triste perchè ho avuto l’ardire di pensare di poter essere un potenziale esempio e testimone di buona pratica …ma era solo un’illusione .

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