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Buone e cattive pratiche

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Da tempo si coglie nel nostro Paese una diffusa e profonda preoccupazione per lo stato dei Servizi di salute mentale. Sono le associazioni dei familiari e delle persone che vivono l’esperienza a denunciare, a chiedere attenzioni maggiori e diverse, risposte concrete, più certe e durature. Operatori professionali, cooperatori sociali, cittadini attivi si aggregano alla denuncia evidenziando l’urgenza del cambiamento. Non è raro che i mezzi di comunicazione segnalino la qualità frammentaria dei percorsi di cura,…

17884246_1611724272200957_4527980948524636031_nCentro Diurno Albano Laziale

Spesso ci chiediamo o ci viene richiesto di rilevare le criticità dei servizi psichiatrici in Italia, in particolare nei CSM e SPDC, così è successo dopo la lettura di questo contributo al Cantiere della Salute Mentale.

Ebbene di criticità, a ben vedere, ce ne sono di grandi e di piccole: chi vorrebbe migliorare lo spazio architettonico, l’arredamento, la rapidità dei servizi, l’ascolto, snellire le formalità, ecc., alcune di queste cose possono anche sussistere ma secondo il nostro particolare punto di vista queste carenze se ci sono non sono che complementari alle due macroscopiche criticità, che se opportunamente valutate ed affrontate con coraggio e determinazione non potranno che far crescere sia gli operatori che gli utilizzatori dei servizi: i primi da un punto di vista umano, i secondi nel loro empowerment.

Open borderIl Centro di salute mentale che prefigura il disegno di legge  (vedi il testo). oltre che essere un luogo bello, accogliente, confortevole deve coltivare la vocazione a essere punto di passaggio, confine aperto, attraversamento. Disporsi instancabilmente tra lo star bene e lo star male, tra la normalità e la anormalità, tra il regolare e l’irregolare, tra il singolo e il gruppo, tra le relazioni plurali e la riflessione singolare, tra gli spazi dell’ozio e gli spazi dell’attività.

Un luogo dove le dichiarate intenzioni terapeutiche e le scelte strutturali, costruttive, urbanistiche garantiscano le persone a essere ospiti senza rinunciare alla possibilità di appropriarsi del luogo. Un luogo che contrasta la sottomissione e l’assoggettamento. Un luogo dove le persone, senza la paura del confine che si chiude alle loro spalle, possono entrare per dire il proprio male, farlo sentire, condividerlo. Un confine aperto che garantisce sempre il ritorno.

facceIl lavoro territoriale che si è faticosamente sviluppato in Italia negli ultimi decenni, benchè in troppi luoghi ancora lacunoso, ha reso evidente che la vicinanza ai conflitti, la presenza precoce nel riconoscere e prendere in carico la sofferenza delle persone e i loro bisogni impedisce che la domanda di aiuto si debba necessariamente definire in diagnosi psichiatrica, che le rotture, i fallimenti, le fragilità debbano inesorabilmente “montare” la malattia.

L’ incontro delle  «Fondazione Itaca», a Milano, raccontato sul Corriere della Sera da Daniela Natali riflette su pregiudizi e modi di entrare in rapporto con i pazienti e con le loro famiglie (vedi l’articolo).

I temi che si affrontano trovano una precisa risonanza  e convergenza nel disegno di legge ora in cammino al senato (vedi il testo).

Così all’articolo 4  (Piano nazionale per la salute mentale) il Ddl affronta con decisione la questione dello stigma, della prevenzione, della promozione della salute mentale

Il bel lavoro del gruppo romano che leggiamo nel reportage di Cristiano Balducci per  “Internazionale” (vedi il reportage: Una casa dove chi ha disturbi mentali può ricominciare) rimanda ancora una volta al “si può fare” e all’urgenza di uscire dal buco nero delle “strutture residenziali”.

Le possibilità di fare diversamente sono evidenti da tempo.

Il lavoro territoriale che si è faticosamente sviluppato in Italia negli ultimi decenni, benchè in troppi luoghi ancora lacunoso, ha reso evidente che la vicinanza ai conflitti, la presenza precoce nel riconoscere e prendere in carico la sofferenza delle persone e i loro bisogni impedisce che la domanda di aiuto si debba necessariamente definire in diagnosi psichiatrica, che le rotture, i fallimenti, le fragilità debbano “montare” la malattia.

18556021_790088451151516_922985956698624703_nUna dettagliata e minuziosa analisi delle strutture e delle attività dei Dipartimenti di salute mentale in Italia è stata compiuta dalla Società italiana di epidemiologia psichiatrica che ha redatto un focus confluito in una pubblicazione presentata di recente a Bologna dalla Siep, la Società italiana di epidemilogia psichiatrica. Fabrizio Starace, presidente Siep sottolinea: “Il principale nodo da sciogliere? Sono le disuguaglianze regionali. Differenze intollerabili”.

E’ impietosa la fotografia delle Regioni scattata dalla Siep, la Società italiana di epidemiologia psichiatrica, che nei giorni scorsi ha presentato a Bologna un lavoro di analisi nel corso di una riunione scientifica a tema.

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Il 27 maggio di due anni fa, i vigili urbani di Sant’Arsenio, nella provincia cilentana di Salerno, entrarono in casa di Massimiliano Malzone, un’ora e mezza prima dell’arrivo dei medici, per sottoporlo a Trattamento Sanitario Obbligatorio.  Lo portarono nel servizio psichiatrico di diagnosi e cura, dove fu ricoverato, alla famiglia non fu permesso fargli visita per i dodici giorni successivi. Il 10 giugno Massimiliano Malzone morì in quello stesso reparto per un arresto cardiaco improvviso: le massicce dosi di psicofarmaci per sedarlo e la contenzione (forse attuata) le probabili cause.

CSM - disegnoLa situazione in cui versa il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) di Brindisi, specchio di quello che sta accadendo nell’intera Regione Puglia, è insostenibile. La denuncia ci arriva da parte di associazioni di cittadini, operatori e medici della provincia pugliese e richiama, ancora una volta, la necessità di fare luce sulle condizioni drammatiche della salute mentale nelle regioni italiane.